2010-10-10 13:09:07

In Sudan, tensione in vista del referendum sull’autodeterminazione del Sud del Paese


A poco meno di tre mesi dal referendum sull’autodeterminazione del Sud Sudan sono arrivati nel Paese i rappresentanti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per sostenere gli sforzi per la pacificazione dell’area. La situazione sul terreno, tuttavia, resta altamente instabile e si susseguono gli scontri tra esercito sudanese e formazioni ribelli del sud. In questi giorni, un dipendente della missione di peacekeeping dell’Onu è stato rapito nel Darfur. Intanto, il presidente Bashir ha detto che nel Sud Sudan si rischia la guerra civile. Sulla situazione nel Paese africano, Stefano Leszczynski ha intervistato Irene Panozzo, giornalista esperta della questione sudanese:RealAudioMP3

R. – Chiaramente la visita dei rappresentanti del Consiglio di Sicurezza è un modo per premere su entrambi le parti, cercando di porre l’attenzione sullo svolgimento del referendum del 9 gennaio, ma anche di ricordare che continua a esserci una situazione di instabilità e di guerra.

D. – Il fatto che i preparativi per questo referendum siano molto in ritardo rispetto a quella che dovrà essere l’ampiezza dell’evento, l’importanza di questo evento elettorale, cosa significa?

R. – L’accusa del governo del Sud Sudan è che Khartoum, quindi il governo nazionale, ma in questo caso, in particolare, il partito del National Congress, il partito del presidente Bashir, stia ritardando apposta tutti i preparativi per il referendum in modo da renderlo più difficile, se non impossibile da condurre. Poi, sicuramente ci sono anche delle obiettive difficoltà, dei ritardi organizzativi. Ci sono stati grandi ritardi rispetto alla tabella di marcia inizialmente prevista dal trattato di pace del 2005.

D. – In sostanza cosa cambia con questo referendum se ci sarà il voto in favore dell’autodeterminazione?

R. – Naturalmente se i sud sudanesi sceglieranno l’indipendenza e il Sud Sudan, quindi, da regione di un Sudan più ampio diventerà uno Stato a sé stante, questo necessariamente porrà le due capitali e i due governi, Juba e Khartoum, di fronte a tutta una serie di decisioni su come gestire questa separazione ufficialmente consensuale delle due parti del Paese, che riguardano appunto una serie di ampi problemi tra cui la spartizione delle risorse. Gran parte dei campi petroliferi sudanesi si trovano a cavallo del confine tra Nord e Sud Sudan.







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