Comunione e testimonianza: padre Pizzaballa e mons. Eterović sul Sinodo per il Medio
Oriente
Con la celebrazione eucaristica presieduta dal Papa domani mattina, alle 9.30 nella
Basilica Vaticana, prenderà il via l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo
dei Vescovi. Il tema è: “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza.
La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima
sola».Il sito della nostra emittente (www.radiovaticana.org) dedica all’assise
sinodale, che si concluderà il 24 ottobre, una particolare sezione nelle quattro lingue
ufficiali del Sinodo - arabo, inglese, francese ed italiano – con l’aggiunta dell’armeno
e di una sezione più sintetica in ebraico. Prendono parte all’Assise 185 Padri sinodali
chiamati a riflettere sui tanti aspetti religiosi e pastorali della vita delle comunità
cristiane in Terra Santa. Una ricchezza di comunità di cui ci parla nell’intervista
di Tracy McClure, il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa:
R. - Una
delle sfide principali è quella di manifestare - perché c’è già - una maggiore comunione
tra tutte le Chiese, anche perché le Chiese cattoliche sono tante, di tante tradizioni
diverse e tutte tendono ad avere una propria vita autonoma. E’ importante, invece,
dare non soltanto l’impressione, ma anche la testimonianza, la concreta testimonianza
alla comunità cristiana cattolica che siamo un’unica Chiesa e che lavoriamo insieme.
E concretamente significa non creare doppie o triple attività che si accavallano,
mantenere per esempio una comunione nelle attività delle scuole. Avere diverse Chiese
e diversi riti non rappresenta un problema, ma è una tradizione ed una ricchezza propria
delle Chiese in Medio Oriente: la Chiesa cattolica latina, la Chiesa melchita o greco-cattolica,
maronita, siriaca, caldea, armena, copta e tantissime altre. Sono tantissime le Chiese
che sono espressione di una tradizione antichissima che è bene conservare. E’ anche
importante, però, manifestare l’unità tra tutte queste Chiese, fatte salve le identità
e le tradizioni di ciascuno. Questo deve essere, forse, manifestato ancor di più oggi
dal momento che la società è cambiata, i mezzi di comunicazione unificano e creano
una maggiore vicinanza. E’ importante che nella vita concreta di queste Chiese si
manifesti visibilmente questa vicinanza.
D. - Un’altra sfida importante
è rappresentata dai rapporti tra cristiani, musulmani ed ebrei…
R. -
Questo è un problema antico, ma sempre nuovo e questo perché le società cambiano.
Noi, Chiesa di Terra Santa, abbiamo due realtà con le quali fare i conti: la realtà
israeliana e la realtà palestinese, che sono due mondi, due realtà completamente diverse
e con le quali è necessario fare i conti. Con il mondo musulmano, soprattutto all’interno
della società palestinese dei Territori, abbiamo una relazione plurisecolare, che
è fatta di coesistenza pacifica, ma anche di tensioni, che dobbiamo cercare di affrontare
serenamente. Ci saranno sempre questi due aspetti di coesistenza pacifica ma anche
di tensioni di carattere religioso, che non devono essere enfatizzate ma nemmeno non
prese in considerazione. Dobbiamo lavorare, quindi, molto su questo. In Israele, credo
che come responsabili religiosi dovremmo imparare ad avere una relazione più serena.
La società cristiana presente in Israele già lavora con Israele. Nella vita normale,
nella vita quotidiana bisogna lavorare, bisogna vivere e quindi queste cose si fanno;
ma come responsabili religiosi abbiamo sempre fatto una certa fatica ad avere un rapporto
sereno con Israele. Ci sono sicuramente molti problemi che devono essere affrontati,
ma è necessario prendere in considerazione il fatto che in Israele esiste una realtà
stabile, che resterà sempre e con la quale dobbiamo avere un rapporto costruttivo.
Israele non può essere ridotto soltanto alla questione “occupazione”, Israele è anche
una società di sei milioni di persone che vivono normalmente, come in tutti i Paesi.
D. - Alcuni vescovi hanno espresso qualche preoccupazione riguardo
la politicizzazione del Sinodo. Lei condivide questo sentimento?
R.
- Il Sinodo è anzitutto un evento ecclesiastico, ecclesiale e religioso. Naturalmente
quando si deve parlare dei problemi della comunità cristiana, si devono affrontare
anche i problemi di carattere sociale ed anche i problemi di carattere politico, perché
noi viviamo in un territorio e non si può evitare di toccare questi temi che saranno,
però, secondari rispetto al cuore del problema del Sinodo, che è un problema anzitutto
di carattere religioso e pastorale.
Il Sinodo è un evento importante per
la tutta la Chiesa: lo sottolinea, nell’intervista di Romilda Ferrauto, il
segretario generale del Sinodo dei Vescovi, mons. Nikola Eterović:
R. - E’ un
evento eccezionale e ognuno di noi deve ringraziare Dio, perché si è potuto realizzare
e soprattutto noi della Segreteria Generale che abbiamo lavorato tanto sotto l’illuminata
guida del Santo Padre Benedetto XVI. Ringraziamo continuamente Dio per questa felice
iniziativa di convocare per la prima volta nella storia tutti i vescovi del Medio
Oriente a Roma. Il Santo Padre darà senz’altro indicazioni molto opportune sullo svolgimento
dei lavori, proprio perché conosce molto bene la situazione ecclesiale e sociale del
Medio Oriente, una regione che ha visitato varie volte ed ha avuto numerosi incontri
con i vescovi del Medio Oriente, con a capo i Patriarchi di sei Chiese orientali cattoliche,
insieme al Patriarcato Latino di Gerusalemme. E’ quindi soprattutto una grande azione
di grazie a Dio per questo evento eccezionale, ma anche per il fatto che i cristiani
sono presenti in Terra Santa da oltre Duemila anni, dal mistero glorioso del Signore
Gesù, dalla sua nascita alla sua morte, alla venuta dello Spirito Santo e nonostante
le tante difficoltà che hanno dovuto superare nell’arco di questi venti secoli. Questo
è per noi anche una speranza che i cristiani resteranno nel presente ed anche nel
futuro grazie alla solidarietà di tutti i cristiani e del mondo intero e in particolare
grazie all’azione dello Spirito Santo.
D. - Eccellenza, si tratta di
un Sinodo che si vuole anzitutto pastorale-ecclesiale e questo è forse importante
ricordarlo…
R. - Senz’altro. Non potremmo ignorare la situazione complicata
e delicata dei cristiani in Medio Oriente e più in generale la situazione mediorientale,
ma la finalità propria del Sinodo è pastorale, come è sottolineato dal tema stesso,
“La Chiesa cattolica nel Medio Oriente. Comunione e Testimonianza”. Secondo il Santo
Padre e i padri sinodali, si vuole approfondire soprattutto il concetto e la realtà
della comunione a tutti i livelli: quindi la comunione all’interno di ogni Chiesa
orientale e cattolica; la comunione tra patriarca e vescovi, tra vescovi e sacerdoti,
tra religiosi e religiose e laici; la comunione tra varie Chiese orientali cattoliche
del Medio Oriente, che sono ben sei Chiese, venerande e con grande tradizione liturgica,
spirituale, culturale ed anche disciplinare. Si cerca di vedere - mantenendo la propria
specificità - cosa si può condividere e cosa anzi si deve condividere con gli altri
fratelli, soprattutto in campo pastorale, catechetico e in attività caritatevoli.
In questa comunione bisogna includere poi ovviamente tutti i cattolici, anche quelli
di tradizione latina. La comunione si allarga poi anche ad una dimensione ecumenica:
in Medio Oriente sono presenti varie Chiese non cattoliche e comunità ecclesiali.
Con loro un dialogo già esiste, ma il Sinodo probabilmente inviterà tutti a rafforzare
questo dialogo, che è molto importante per una presenza sempre più efficace ed effettiva
dei cristiani in Medio Oriente. Non mancherà anche di mettere in rilievo l’importanza
del dialogo con gli ebrei e con i musulmani. Certo è che nello Stato di Israele gli
ebrei sono la maggioranza, ma in altri Paesi generalmente la maggioranza dei cittadini
sono musulmani.
D. - Dialogo, appunto, ma anche richiesta di libertà
religiosa. Questo sarà presente, immagino…
R. - E’ un tema che gli stessi
padri sinodali hanno sottolineato molto nelle loro risposte nei Lineamenta. Del resto
si tratta di un diritto universale che vale per tutto il mondo, per tutti i Paesi.
Anche i Paesi del Medio Oriente hanno sottoscritto la Carta dei Diritti Umani delle
Nazioni Unite, che include anche il dovere di promuovere e di permettere la libertà
religiosa e di coscienza. E’ una questione oggettiva ed indispensabile soprattutto
nella società di oggi e in ogni Paese e quindi anche in tutti i Paesi del Medio Oriente.