2010-10-09 15:05:58

Afghanistan: uccisi 4 alpini. I vescovi italiani: morti per servire la pace


In Afghanistan, 4 soldati italiani sono rimasti uccisi ed un altro è rimasto ferito. L’attacco è avvenuto nella provincia di Farah, nella parte occidentale del Paese. I talebani hanno rivendicato due attentati compiuti ieri sera contro militari statunitensi e afghani nella stessa zona in cui sono stati uccisi stamani i 4 soldati italiani. Il ministero degli Esteri britannico ha reso noto intanto che è stata uccisa una donna inglese rapita lo scorso 26 settembre. Il servizio di Amedeo Lomonaco:RealAudioMP3

L’imboscata è stata scandita prima dall’esplosione di un ordigno e poi da un attacco a colpi di arma da fuoco. I soldati rimasti uccisi stavano scortando un’autocolonna composta da una settantina di mezzi con materiali per l’allestimento di una base che servirà per il controllo dell’intera zona. Il presidente italiano Giorgio Napolitano si è fatto interprete, in una nota, “del profondo cordoglio del Paese” e il Quirinale, in segno di cordoglio, ha annullato il preannunciato concerto, previsto per domani, in occasione del Cambio della Guardia d'onore. Il presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, ha espresso vicinanza alle famiglie delle vittime e ribadito “la propria gratitudine ai soldati italiani che, nelle diverse missioni in tante parti del mondo,consentono all’Italia di mantenere i suoi impegni internazionali contro il terrorismo”. Il ministro della Difesa italiano, Ignazio La Russa, ha aggiunto che, nella prospettiva del ritiro dei soldati italiani previsto nel 2011, deve proseguire “l’addestramento dei militari afghani”. Il ministro degli Esteri Frattini ha parlato di una necessaria accelerazione della fase di transizione. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, ha chiesto al governo di aprire una riflessione sulla strategia in Afganistan. “La situazione sul campo – ha detto è difficile” e le prospettive sono “incerte”. Dal 2004 sono 34 i soldati italiani rimasti uccisi nel Paese. Dall’inizio della missione internazionale il 2010 è l’anno più cruento. L’ultima drammatica notizia, diffusa oggi dal ministero degli Esteri britannico, è quella di un’inglese, sequestrata lo scorso 26 settembre e uccisa ieri sera dai suoi rapitori durante un’operazione di salvataggio.

La Conferenza episcopale italiana ha espresso, in un comunicato, “profondo dolore” per la “tragica scomparsa” dei “quattro giovani militari italiani mentre compivano con dedizione e professionalità il loro quotidiano lavoro a servizio della pace in Afghanistan”. Ma ascoltiamo l’arcivescovo Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia intervistato da Luca Collodi:RealAudioMP3

R. - La sofferenza del cuore è immensa, credo, e indescrivibile. Siamo veramente confusi e direi inquieti. Circolano queste voci in questi attimi: "è proprio possibile che non si metta fine alla guerra, al disagio di tante famiglie in situazioni di emarginazione?". In questi momenti credo dobbiamo essere lucidi nella mente e nel cuore e pensare che i nostri militari sono al servizio della sicurezza internazionale, anche perché dalla sicurezza internazionale dipende la concordia. Direi che i nostri militari che muoiono in missione internazionale di sicurezza sono un invito palpitante per gli uomini e le donne italiane, perché ci sia veramente intesa e cammino per un bene comune.

D. – Secondo lei, c’è la consapevolezza nei leader mondiali, nei politici dei vari Stati nel mondo, di quello che si sta facendo in Afghanistan?

R. – C’è consapevolezza. La consapevolezza ha bisogno anche di essere più esplicita, di essere veicolata, per cui i popoli e le nazioni devono avvertire che hanno un fondamento, un sostegno che è quella armonia di menti che fanno sì che ci sia costruzione di un’umanità più unita e più serena. Ecco, quindi direi che la strategia va rispettata: è una strategia che crea intese e mai frammentazioni, che innalza ponti e mai divisioni, perché tutti stiano nella pace del cuore, ma soprattutto, e anche, nel benessere sobrio della vita quotidiana.

Su questo nuovo, drammatico episodio del conflitto in Afghanistan si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, anche il prof. Marco Lombardi, responsabile dei progetti educativi in Afghanistan dell’università cattolica del Sacro Cuore di Milano:RealAudioMP3

D. – Si tratta dell’anno più cruento dall’inizio della missione internazionale nel 2001. A quali fattori è legato questo dato?

R. – Era qualcosa di atteso, purtroppo. Perché? Perché sta migliorando la situazione civile in Afghanistan e a questo punto le truppe più radicali ed estremiste devono tentare il tutto per tutto. Dobbiamo attenderci una recrudescenza in questo periodo, fra l’altro, perché arriva l’inverno e le cose cambiano: in questo periodo bisogna in ogni caso rallentare la dinamica militare. Quindi, aspettiamoci ancora qualche difficoltà.

D. – Cosa può realisticamente fare la comunità internazionale per ridurre la distanza tra il conflitto e la pace?

R. – Quello che sta facendo, cioè dare sicurezza alle zone per renderle vivibili. E gli afghani dei villaggi, quelli in cui in questo momento sono accaduti questi fatti di guerra pesantissimi, sono i primi che chiedono ai soldati italiani di vivere lì, di stare lì con loro. E’ quello che gli italiani fanno, perché la loro quotidianità sia possibile.







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