Il vescovo di Chisinau illustra la rinascita della comunità cattolica in Moldavia
Una comunità piccola, rinata quasi da zero dopo la fine dell’Unione Sovietica, ma
in crescita e comunque molto presente nel campo sociale in una società divisa tra
attrazione per l’Unione Europea e nostalgia per la Russia. È questo il ritratto della
Chiesa nella piccola ex Repubblica sovietica della Moldavia quale emerge da un’intervista
rilasciata all’agenzia Apic da mons. Anton Cosa, vescovo di Chisinau, l’unica diocesi
del Paese. 49 anni, originario di Valea Mare, in Romania, mons. Cosa lavora in Moldavia
dal 1990 ed è stato nominato primo vescovo di questa diocesi nel 2001. “Quando sono
arrivato in Moldavia c’era una sola parrocchia per tutto il Paese e ho potuto assistere
alla crescita della Chiesa moldava, che rinasceva quasi da zero”, ha spiegato il
presule intervistato durante i lavori della recente Assemblea plenaria del Ccee a
Zagabria. Oggi nel Paese si contano 17 parrocchie con 33 sacerdoti (di cui cinque
moldavi) e 45 religiose, mentre la popolazione cattolica costituisce appena l’1 per
cento della popolazione, in netta maggioranza ortodossa. I rapporti con gli ortodossi
sono amichevoli sul piano personale anche se, afferma il presule, “l’ecumenismo non
è stato ancora sviluppato come vorrebbe Roma, tanto più che la Chiesa ortodossa è
divisa dalla caduta del regime sovietico nel 1991”. Quanto alle relazioni con lo Stato,
mons. Cosa li definisce nell’insieme buoni: “Anche durante gli otto anni in cui i
comunisti sono stati al potere con una grande maggioranza i rapporti erano accettabili”.
Secondo il presule la recente soppressione del dicastero preposto al controllo dei
culti ha segnato un progresso per la libertà religiosa nel Paese. Dalla fine dell’Unione
Sovietica, l’economia locale dipende molto dalle rimesse degli emigrati, soprattutto
dalla Russia, dall’Italia e dalla Turchia. Da questa massiccia emigrazione – spiega
il presule - è nata la piaga della prostituzione. Due terzi degli emigrati moldavi
è costituito da donne e in questi anni molte di loro sono cadute nella rete del traffico
di esseri umani. “Anche se è troppo debole per cambiare questo stato di cose”, dice
mons. Cosa, nel suo piccolo la Chiesa locale cerca fare il possibile per aiutare queste
donne . Questo grazie anche all’aiuto della diocesi di Lecce e in particolare della
Fondazione “Regina Pacis” con la quale collabora dal 1997 per aiutare l’integrazione
delle immigrate moldave in Italia, promuovendo anche programmi di protezione per le
ragazze vittime del giro della prostituzione. Grazie a questa opera, più di un migliaio
di ragazze sono state salvate. Ma questo è solo uno dei fronti dell’impegno sociale
della Chiesa moldava, attivamente impegnata anche nell’assistenza alle fasce più povere
e vulnerabili della popolazione, in particolare bambini e anziani. Situata tra la
Romania e l’Ucraina e grande poco più di un decimo dell’Italia, con una popolazione
di circa 4,3 milioni di abitanti, la Repubblica Moldova è diventata indipendente il
27 agosto 1991, entrando poi a far parte della Csi. (A cura di Lisa Zengarini)