Fango tossico in Ungheria: il governo proclama lo stato d'emergenza
Sono ripresi stamani le operazioni di soccorso in Ungheria, dopo l'inondazione di
ingenti quantità di materiale tossico fuoriuscito da un impianto di lavorazione dell'alluminio
nell'ovest del Paese. Il ''fango tossico'' ha provocato un disastro ecologico senza
precedenti nel Paese, con almeno otto morti, sei dispersi e oltre 120 feriti. Il pericolo
di inquinamento delle falde acquifere e dei corsi fluviali ha indotto il governo magiaro
a proclamare lo stato di emergenza nelle tre province di Veszprem, Gyor-Sopron e Vas.
I danni sono stimati intorno ai 38 milioni di euro e la bonifica dell'area durerà
probabilmente anni. Sul ripetersi di questa nuova catastrofe nei Paesi dell’Ue abbiamo
sentito Matteo Mascia, coordinatore del progetto Etica e Politica ambientale
della Fondazione Lanza di Padova. L’intervista è di Stefano Leszczynski.
R. – Stanno
sostanzialmente aumentando le catastrofi, gli incidenti di carattere ambientale all’interno
dei Paesi dell’Unione Europea. E la ragione principale che l’Unione Europea segnala
è, in qualche modo, il cambiamento climatico, che sta avvenendo nel nostro tempo,
che comporta eventi estremi. Questo è un primo elemento su cui riflettere. E’ necessario
mettere in campo una serie di politiche per la prevenzione e l’adattamento legato
ai rischi climatici, che si stanno verificando nel nostro continente.
D.
– Dietro c’è, tutto sommato, sempre, una politica che non funziona...
R.
– Questo, effettivamente, è un grande problema. Noi come comunità, come società tendiamo
a reagire ai problemi e non a prevenirli, cosa che invece sarebbe fondamentale nell’ottica
di una maggiore responsabilità nei confronti dell’ambiente naturale, ma anche per
le conseguenze che potremmo lasciare a chi verrà domani, fondamentalmente.
D.
– L’impressione è che poi, a distanza di anni, si tenda a dimenticare o a cercare
di rimuovere dalla memoria quello che succede...
R. – Perché poi non
si riesce, si ricade, ci si dimentica? Perché in questi anni, comunque, l’Unione Europea
ha sviluppato una serie di normative specifiche sulla prevenzione, la verifica degli
stabilimenti, del tipo di produzione, la messa in campo di procedure e di controlli
affinché questo non possa avvenire. E’ anche vero che nei Paesi dell’Europa dell’Est,
che sono da poco entrati nell’Unione Europea, probabilmente questo processo è in fase
di definizione, è in fase di realizzazione, e allo stesso tempo succede che quando
ci sono delle situazioni di crisi economica l’attenzione rispetto ad alcune situazioni
tende a diminuire proprio per dire che in quel momento l’importante è dare delle risposte
di altro tipo.
D. – Colpisce, soprattutto da un punto di vista etico,
il fatto che già si stia pensando a come riattivare questo impianto industriale...
R.
– Ancora una volta sembra prevalere un’attenzione alla dimensione della profittabilità
della dimensione economica, cioè dobbiamo continuare a lavorare, dobbiamo continuare
a produrre senza tener conto invece di un’altra dimensione, che è ormai indifferibile
nel contesto economico, quella della responsabilità sociale, ambientale dell’impresa.
Credo che una riflessione molto importante, che Benedetto XVI ha più volte richiamato,
sia quella che questa dimensione fondamentale tra il rapporto che noi abbiamo con
le persone e il rapporto che noi abbiamo con l’ambiente non sia indipendente: per
cui se noi trattiamo l’ambiente in questo modo, automaticamente trattiamo anche le
persone in questo modo.