I commenti di mons. Paolo Romeo e don Giuseppe Livatino, cugino del magistrato ucciso
dalla mafia: le parole del Papa incideranno nelle coscienze
Giovanni Falcone, ma anche don Pino Puglisi. Non sono mancati, nei discorsi ai siciliani,
riferimenti a persone ben care al cuore dei palermitani e non solo. Salvatore Sabatino
ha domandato all'arcivescovo di Palermo, mons. Paolo Romeo, quali impressioni
abbiano suscitato in lui le parole e i gesti compiuti ieri da Benedetto XVI, in particolare
la sosta e l'omaggio commosso sul luogo della strage di Capaci:
R. – Il Santo
Padre ha fatto questa sosta a Capaci, ma nell'arco della giornata ha fatto molti riferimenti:
ha insistito, parlando con i sacerdoti, sulla figura di don Pino Puglisi e l’ha portata
come esempio per i sacerdoti. Poi, nella Piazza del Politeama ha parlato di queste
vittime, ha parlato esplicitamente del giudice Falcone. Certamente, dopo le parole,
il gesto diventa la testimonianza. Il Santo Padre nel pomeriggio era passato anche
nel luogo dove era stato ucciso Dalla Chiesa e ha voluto ricordare il giudice Livatino.
Non poteva il Santo Padre fermarsi in tutti questi luoghi che ricordano la tragedia
della nostra terra, ma ha voluto con questo gesto rendere omaggio al giudice Falcone.
Gli abbiamo indicato la casetta da dove questa mano assassina ha premuto il comando
a distanza per far saltare in aria il giudice Falcone, la sua signora e le scorte.
Il Papa era commosso nel momento in cui si è raccolto in preghiera e ha lasciato questo
omaggio floreale, che vuole essere non soltanto per il giudice Falcone, ma per tutte
le vittime: per tutti quelli che con il loro impegno, con la loro professione, non
hanno esitato, pur sapendo di esporsi ogni giorno di più ai pericoli.
D.
– Un altro messaggio importante, come diceva lei, il Papa l’ha rivolto ai giovani,
in Piazza Politeama, quando ha detto: “La mafia è strada di morte, incompatibile con
il Vangelo”. E questo appello è stato accolto da un fragoroso applauso dei giovani,
che hanno voluto dare un segnale di cambiamento di questa città, un segnale importante...
R.
– La voce dei vescovi ha trovato la conferma nella voce del successore di Pietro,
dopo i molti pronunciamenti, la voce forte di Giovanni Paolo II: una voce che ha voluto
far vedere questi toni oscuri della mafia, di questi gruppi che - come ha indicato
Giovanni Paolo II - sono lontani da Dio e dalla fede e che nelle violazioni che compiono
contro le persone umane, i beni degli altri, mostrano i loro aspetti di ateismo, dell’io,
dell’egoismo assoluto. Io credo che Benedetto XVI abbia ripreso questo messaggio con
parole diverse: parole che colpiscono i giovani, perché i giovani hanno bisogno di
linguaggi nuovi, di espressioni nuove, ma stanno sempre sulla stessa linea.
D.
– Per ben tre volte, il Papa sha accennato alla figura di don Puglisi e per ben tre
volte è stato interrotto dall’applauso della gente. Questo vuol dire che anche tra
i giovani è presente il messaggio di don Puglisi. Molti giovani che erano in piazza
non l’hanno nemmeno conosciuto...
R. – Il messaggio di don Pino – tre
“p”: padre Pino Puglisi – è molto forte ed è molto vivo. I messaggi di santità non
conoscono il tarlo del tempo, che li invecchia, ma rimangono sempre giovani. E credo
che la semplicità di don Pino, la sua identificazione con il ministero sacerdotale,
il suo attaccamento al Vangelo e alla salvezza delle anime lo facciano brillare sempre.
D.
– Eccellenza, l’impressione che abbiamo avuto è stata magnifica: una città che ha
accolto Benedetto XVI con grande gioia, con grande senso di responsabilità e soprattutto
era una città che aspettava un messaggio dal Papa, un messaggio che è arrivato...
R.
– Io posso dire innanzitutto la reazione che ho visto sul suo volto, un volto pieno
di gioia, un volto a momenti commosso. Abbiamo vissuto una giornata di fede, di preghiera.
La gente si aspetta da noi questi momenti forti. Il Santo Padre è stato colpito dai
tanti bambini, dai tanti giovani: una Sicilia giovane. Questo ci fa vedere che ci
sono famiglie che credono, famiglie che rimangono unite, famiglie che vanno controcorrente.
In una società che continuamente ci parla di scandali, di violenze intrafamiliari,
di uccisioni, di difficoltà, se sia da tenere o no tenere il Crocifisso nei luoghi
pubblici, noi abbiamo tenuto Cristo nelle nostre strade, il popolo era lì e questi
sono i sentimenti del popolo.
Sulle parole del Papa ai giovani, Salvatore
Sabatino ha raccolto un commento anche da don Giuseppe Livatino, cugino
del giudice Rosario Livatino, assassinato dala mafia il 21 settembre di 20 anni fa:
R. – Io sono
convito che queste parole incideranno parecchio nella coscienza di tanti siciliani
e soprattutto di tanti giovani siciliani, lì è il futuro. Il “giudice ragazzino”,
come veniva chiamato Rosario Livatino, vedeva sempre negli occhi dei giovani le condizioni
per un futuro radioso di questa società. Il futuro di questa terra c’è veramente,
c’è una possibilità di riscatto, c’è una possibilità anche di sviluppo.
D.
– Il giovane che si è presentato al Papa come rappresentante di “giovani siciliani”
ha parlato dei giudici Falcone, Borsellino, di suo cugino... C’è davvero la voglia
di rinascere...
R. – Certamente, però questo attendono i giovani, una
testimonianza ferma. Non possiamo dir loro quello che debbono e quello che non debbono
fare, ma per primi dobbiamo farlo noi, nell’ambito in cui siamo arrivati ad operare:
sia nella Chiesa, sia nelle Istituzioni democratiche, nelle famiglie, così come negli
ambienti di lavoro.
D. – La Chiesa ha sempre un ruolo importante, un
faro in questa società. La Chiesa siciliana è stata sempre considerata una Chiesa
di frontiera, ancora oggi è così?
R. – E’ sempre così, certo. Perché
una certa cultura diffusa dell’illegalità, radicata a tal punto che veramente occorre
una Chiesa che continui ad avere il coraggio profetico di annunciare il Vangelo e
di annunciarlo anche là dove possono corrersi dei rischi.
D. – Gli stessi
giovani hanno dimostrato al Papa invece, la voglia che hanno di restare, perché sono
profondamente attaccati a questa splendida terra..
R. – Oggi ci sono
problemi ancora più grandi, mentre fino a qualche anno fa, c’era il problema grave,
già grave di per sé, la disoccupazione. Adesso c’è un problema di lavoro nero, di
lavoro sommerso e la Chiesa in tutto questo deve veramente sviluppare un coraggio
profetico ancor maggiore, deve veramente essere a fianco, e là dove è necessario lottare
questo tipo di fenomeni.