2010-10-03 09:42:21

Il Papa è a Palermo: stamani la Messa, nel pomeriggio l'incontro con i giovani


Il Papa è arrivato stamani a Palermo poco dopo le 9.00: ad accoglierlo all'aeroporto "Falcone e Borsellino" di Punta Raisi il presidente del Senato, Schifani, e l'arcivescovo della città Romeo. Stamani la Messa al Foro italico e la preghiera dell'Angelus. Nel pomeriggio, due i momenti salienti: l’incontro in Cattedrale con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi, quindi quello conclusivo con i giovani, in Piazza Politeama, prima della partenza prevista per le 19.15. Su questa visita apostolica Salvatore Sabatino ha intervistato l'arcivescovo di Palermo, mons. Paolo Romeo: RealAudioMP3

R. - La visita del Santo Padre si svolge, sì, a Palermo, ma vuole abbracciare tutta l’Isola. L’incontro con il Papa rappresenta, da una parte, l’essere confermati nel lavoro di fede che stiamo facendo con tante famiglie e con tanti giovani, ma dall’altra - allo stesso tempo - vuole essere un momento di sprone, di presa di coscienza e di impegno maggiore, perché i bisogni della società di oggi sono immensi.

D. - Lei più volte ha parlato durante le sue omelie del degrado morale che deturpa l’uomo e ne abbassa la dignità. Eppure, lei dice che è possibile scegliere Dio sempre: in che modo?

R. - Io credo che la scelta di Dio debba avvenire anzitutto a livello personale e il miglioramento di ciascuno di noi sarà poi un miglioramento comunitario, sarà poi un impegno comunitario. Don Pino Puglisi, questo prete che ha servito la Chiesa con amore e con dedizione fino alla fine, che ha testimoniato col suo sangue la fedeltà a Cristo e alla Chiesa, diceva: “E se ognuno fa qualcosa…”. Tante volte io dico che i nostri politici, i nostri amministratori sulla "carta" sono tutti cattolici: come mai, allora, produciamo delle legislazioni che poco hanno a che fare con la Dottrina sociale della Chiesa e soprattutto con quei valori evangelici della giustizia sociale e dell’equa ripartizione? Dobbiamo costruire un mondo solidale che vive nella sussidiarietà e dove ognuno, quindi, deve dare il suo contributo.

D. - L’immagine che Palermo offre soprattutto attraverso i media è quella di una città complessa, piena di contraddizioni. Eppure la realtà può essere ben diversa: oggi Palermo che città è realmente?

R. - E’ una città che ha bisogno di essere redenta. E’ una città che si è degradata nelle beghe politiche, che sta subendo molto forte l’impatto della crisi economica. La crisi economica colpisce a tutti i livelli, ma certamente diventa più disastrosa per i livelli a rischio e chi perde il posto di lavoro, in una famiglia a monoreddito, cade nello scoramento più grande. Ciò rappresenta una grande responsabilità per la società, perché - secondo il vecchio detto “L’ozio è il padre dei vizi” - quando non vengono date prospettive ai giovani, prospettive alle famiglie, i più volenterosi prendono il treno, prendono l’areo o la nave e se ne vanno, ma coloro che sono più fragili rimangono e possono cadere in preda a tutti questi fenomeni di illegalità che affliggono la nostra società. Io credo veramente che la nostra città di Palermo e la nostra isola abbiano bisogno di un sussulto.

In una terra come la Sicilia, dove resistono antiche sacche di disagio sociale che condizionano ancora oggi la vita di molte persone, la Chiesa persegue con grande cura l'educazione dei giovani, intesa come strada maestra per costruire un presente e un futuro sano per tutta la regione. Lo afferma, al microfono di Salvatore Sabatino, il vescovo di Caltagirone, mons. Calogero Peri: RealAudioMP3

R. – Penso che tutti, oggi, abbiamo un compito, che è quello di metterci all’ascolto delle domande vere che gli uomini si pongono, perché a volte ho l’impressione che un po’ tutti abbiamo risposte preparate, preconfezionate ma non alle domande vere degli uomini. Ritengo che i giovani, oggi, abbiano bisogno che ci sia la Chiesa come luogo in cui il loro disagio, piuttosto che essere giudicato, possa trovare un religioso atteggiamento di ascolto.

D. – Padre Puglisi diceva: “Ognuno di noi ha una responsabilità. Se ognuno di noi riuscisse a cambiare qualcosa, evidentemente si potrebbe cambiare la società”. E’ un messaggio che è ancora attuale?

R. – Andando un po’ più addentro a questo discorso della responsabilità, che da parte mia non ho mai considerato nella sua dimensione o di aggettivo o di avverbio, perché noi normalmente lo utilizziamo sempre così: persona “responsabile”… Io normalmente lo utilizzo come sostantivo: l’uomo è resposabillità. Il che significa: è risposta, fondamentalmente. Ma è risposta ad una domanda. Già è una risposta alla domanda di vita che il Creatore gli ha dato; la nostra esistenza è una risposta. Ed è una risposta al fatto che ci fa interlocutori del suo dialogo di salvezza e di amore, e oggi noi dobbiamo avere questa coscienza e soprattutto dobbiamo trasmetterla e coltivarla.

D. – Lei lavora in un territorio particolare, dove ci sono ovviamente infiltrazioni mafiose. Si può dire che la Chiesa oggi ancora opera in un territorio di confine? O qualcosa sta cambiando, anche da questo punto di vista?

R. – E’ chiaro che quel fenomeno originario, un po’ da camaleonte, ora è cambiato. Oggi, la Chiesa deve avere questa capacità di sapere dove intervenire. Deve intervenire nella formazione dei ragazzi, dei giovani, dando esempio di estrema legalità, attenzione … Dunque, abbiamo un ruolo veramente importante anche perché il nostro agire non è semplicemente un agire come quello degli altri: il nostro agire è simbolico. Quello che fa un prete, quello che fa la Chiesa acquista una rilevanza molto più ampia, una risonanza molto più profonda dell’agire semplicemente di altri cittadini. Per questo, ritengo che se tu prendi le nuove generazioni e le guidi per mano e dai loro quelle regole come valore e non semplicemente come esperienza di un’associazione passiva, allora questo sì che nel tempo potrà portare a un cambiamento. La storia ci insegna che la repressione è stata fallimentare. Io ricordo anni fa l'Operazione "Vespri siciliani", per il contrasto alla mafia. Io dissi semplicemente: se invece di dare quello stipendio a questi 5-6 mila soldati, l’avessero dato a 5-6 mila giovani, dando loro un segno di speranza, dando loro la possibilità di sposarsi, di assumersi una responsabilità nella società e non di lasciarli all’emigrazione, avremmo risolto un tantino di più, perché questo è un fenomeno che si sviluppa sulla difficoltà sociale che soprattutto tanti giovani incontrano.







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