Assisi celebra il Transito di San Francesco. Claudia Koll premiata dai Frati Minori
E’ la sera del 3 ottobre 1226: dopo aver lodato Dio per sorella morte, completando
così il Cantico delle creature, Francesco d’Assisi muore deposto sulla nuda terra
nei pressi della Porziuncola. Come ogni anno i frati minori della Basilica Papale
di Santa Maria degli Angeli ricordano quel momento nella commemorazione nazionale
del Transito del Santo, Patrono d’Italia, dalla vita terrena a quella celeste. Questa
mattina la celebrazione eucaristica presieduta da padre Bruno Ottavi, ministro provinciale
dei Frati minori di Assisi; in serata i primi vespri con i vescovi del Trentino Alto
Adige, regione che quest’anno ha offerto l’olio per la lampada sulla tomba del santo.
Ma cosa dice all’uomo contemporaneo la contemplazione del transito di san Francesco?
Paolo Ondarza lo ha chiesto a padre Fabrizio Migliasso, custode del
convento di santa Maria degli Angeli.
R. – Con
questa giornata del 3 ottobre apriamo i festeggiamenti per il patrono San Francesco
che muore la sera del 3 ottobre; essendo di sabato, quindi, già nella giornata di
festa della domenica.
D. – La Chiesa è invitata a contemplare il transito
di Francesco dalla vita terrena a quella eterna. Questa riflessione cosa dice all’uomo
contemporaneo?
R. – Credo che oggi l’attualizzazione di questo momento
sia innanzitutto il coraggio di vivere intensamente la vita. Francesco arriva a cantare
“sorella morte” perché ha vissuto intensamente la vita e, oggi, dove a volte la morte
diventa una fuga o a volte la morte viene banalizzata, credo che Francesco ci richiami
proprio alla sacralizzazione di questo momento. Quindi, ci riporta a chiederci le
motivazioni per cui noi viviamo. Nella misura in cui noi riusciremo a dare senso alla
nostra vita, allora riusciremo anche ad affrontare la morte in modo sereno. Quella
“perfetta letizia” di cui parlava sempre Francesco, che nasce appunto da questa profonda
conoscenza del Signore Gesù morto e risorto per noi.
D. - Non bello,
non sapiente e per scelta non ricco. Francesco conquistò e continua ancora a conquistare
tanti fratelli e sorelle lontani da Dio …
R. - Sempre di più i pellegrini
che vengono, vengono con questo spirito di fede. C’è questa ricerca, questa ricerca
di un esempio, di una testimonianza. Quello che ci colpisce, soprattutto, nei pellegrini
che incontriamo un po’ tutto l’anno, durante il santuario, è proprio questo: rimanere
colpiti dalla radicalità di Francesco. Io dico sempre che si viene ad Assisi da turista
ma si parte da pellegrino.
D. - La testimonianza di Francesco è come
rimasta impressa nei luoghi in cui lui ha vissuto, sul suolo che egli ha calcato.
Assisi parla anche all’uomo contemporaneo del Vangelo di Gesù…
R. -
La ricchezza dei santuari è proprio questa: le pietre parlano. Parlano di un Vangelo
che è ancora possibile vivere e questo, in fondo, è il messaggio di Francesco. Francesco
proprio qui dalla Porziuncola ascoltando quel Vangelo risponde: questo io voglio,
questo io bramo, questo io farò. Da quel momento fino alla fine, appunto, al transito,
lui è un uomo che si è messo in gioco totalmente. Ed è questo anche l’aspetto che
permette di fare di Francesco un uomo di dialogo e di comunione, anche con altre religioni,
con il mondo ateo, laico, ugualmente.
D. – Francesco patrono d’Italia,
Paese unito da 150 anni ma ancora attraversato da divisioni e criticità. Come il “poverello”
può illuminare questo momento storico?
R. – Francesco, sia all’interno
dell’Europa - pensiamo agli incontri che faceva con i poveri, prima di tutto, ma sapeva
parlare anche con i potenti - con ognuno sapeva mettersi in ascolto e in dialogo.
Fino all’estremo, forse, più grande, più bello: i suoi viaggi - chiamiamoli “apostolici”
- in Egitto, in Terra Santa; l’incontro con il sultano. La capacità di saper ascoltare
e di avere una chiara identità. Perché noi riusciremo a dialogare nella misura in
cui noi siamo convinti di quello che siamo, senza pretendere di cambiare l’altro.
Credo che in questo momento forse dovremmo imparare di nuovo, come Francesco, a saper
dialogare e anche a riconciliarci.
Quando Francesco morì aveva accanto,
oltre ai frati, anche la nobildonna romana Jacopa De Settesoli. Quest’ultima da sempre
si era mostrata attenta ai bisogni del Poverello e dei suoi compagni. A lei i frati
minori di Assisi hanno intitolato il premio “Rosa d’Argento Frate Jacopa” dedicato
alle donne del nostro tempo, testimoni di fede, speranza e carità. Il riconoscimento
è andato quest’anno all’attrice Claudia Koll: l’incontro con Dio ha trasformato
la sua vita fino all’istituzione della Onlus “Le Opere del Padre” con progetti di
sostegno agli ultimi in tutto il mondo. Al microfono di Paolo Ondarza l’attrice
racconta la sua conversione:
R. - Quella
radicalità che ho messo nel ritornare a Dio, nel cercare di vivere secondo il cuore
di Dio e facendo quello che a Lui è gradito, nasce dall’aver capito che all’infuori
di Dio non c’è altro bene. Il momento in cui ho incontrato il Signore è stato in preghiera,
nella mia stanza, quando gridavo a Lui “Aiuto!” e stavo pregando il Padre Nostro:
in quel momento afferrai un Crocifisso, che mi aveva regalato da pochi giorno un amico,
ed era proprio il Crocifisso di fronte al quale Francesco ha ascoltato la voce del
Signore che gli diceva “Va’ Francesco e ripara la mia casa” e cioè la Croce di San
Damiano.
D. - Quindi c’è un legame particolare con Francesco d’Assisi
che si rinnova nell’essere accostata a questa donna, Jacopa de' Settesoli, una donna
molto concreta e vicina al “poverello” di Assisi fino al punto di morte…
R.
- Probabilmente lui l’avrà diretta spiritualmente, l’avrà anche sostenuta, così come
“Frate Jacopa”,avrà sostenuto Francesco anche nei suoi bisogni materiali
ed anche in questa tenerezza di fare questi dolci che a lui erano molto graditi.
D.
- Signora Koll, dopo l’incontro con Dio si fanno le stesse cose di prima, ma con un
cuore diverso. Lei ha continuato infatti a fare l’attrice…
R. - Anzitutto
il Signore ha modificato e trasformato il mio cuore. Quindi oggi ho una ricchezza
diversa, un’umanità diversa, un’umanità che cerco di vivere anzitutto nella mia vita.
la differenza è questa: prima il mio lavoro regnava nella mia vita ed era quasi il
padrone della mia vita, perché tutto era in funzione del mio lavoro; oggi non è più
così, perché ho capito che la vita è più importante. L’esperienza della trasformazione
ed anche del modo di lavorare, la porto oggi in un’accademia, che si chiama la “Star
Rose Academy”, fondata sulla Lettera agli Artisti di Giovanni Paolo II, della quale
ho la direzione e nella quale insegno recitazione. Lavoro molto meno anche perché
oggi sono impegnata con una associazione che opera con i più poveri.
D.
- E proprio a questo volevo arrivare: l’incontro con Dio produce frutti e da quell’incontro
è nata anche questa Associaizone Onlus “Le Opere del Padre”…
R. - Sì,
dedicata al Padre che pregavo quel giorno nella mia stanza e le opere sono quelle
di cercare di consolare, così come io sono stata consolata dal Signore, chi è in difficoltà,
chi è sofferente e soprattutto chi è povero.