I vescovi Usa: contraccezione e sterilizzazione non sono “prevenzione di malattie”
“La gravidanza non è una malattia”. Lo affermano i vescovi statunitensi di fronte
alla decisione del Dipartimento per i Servizi sanitari Usa di includere i servizi
di contraccezione e sterilizzazione come misura di prevenzione di malattie, nella
copertura della "Patient Protection and Affordable Care Act". In una lettera datata
17 settembre, sia la Conferenza episcopale, sia l'avvocato Anthony Picarillo e l'associato
Michael Moses hanno espresso “particolare preoccupazione” per la proposta. “Evitare
la gravidanza non è evitare una malattia”, inizia con l'affermare il testo, citato
dalla Zenit. “La contraccezione e la sterilizzazione presentano i propri, unici e
seri rischi per la salute del paziente”. La lettera segnala che questi “servizi” sono
anche “moralmente problematici per molte parti interessate, inclusi gli affiliati
ai servizi sanitari”, così come per “le comunità religiose, i prestatori di servizi
e le compagnie assicurative”. “Secondo il nostro punto di vista”, affermano ancora
i vescovi, “anticoncezionali con ricetta e sterilizzazione chimica e chirurgica sono
servizi particolarmente inappropriati nel concetto di 'servizi preventivi' per tutti
i piani sanitari”. Nel testo, i presuli sostengono che questa definizione non può
condividere il significato o la proposta di servizi preventivi come la misura della
pressione arteriosa, dei livelli di colesterolo, della pressione, del diabete, dell'ipersensibilità
o delle malattie a trasmissione sessuale. Questi sono servizi ai quali bisogna prestare
attenzione, hanno sottolineato, “perché possono prevenire serie malattie”, ma la stessa
logica “non può applicarsi alla contraccezione o alla sterilizzazione”. Nella loro
lettera, i vescovi riconoscono che “in varie epoche la donna può avere serie ragioni
personali per voler evitare o rimandare una gravidanza”. Ad ogni modo, aggiungono,
“queste ragioni personali non si trasformano in una condizione temporanea o permanente
di infertilità, un requisito previo per la salute”. Il testo chiarisce che la contraccezione
“è quasi sempre percepita come una ragione personale o uno stile di vita”, il che
“presenta i propri rischi e gli effetti secondari”. “L'uso della prescrizione contraccettiva
attualmente aumenta il rischio per le donne di sviluppare alcune delle condizioni
che i 'servizi preventivi' enumerano nel Regolamento di Provvedimento finale”. Non
si può neanche chiamare anticoncezionale “preventivo” l'aborto, aggiungono i vescovi,
perché “l'aborto non è in sé una condizione della malattia, ma un procedimento a parte
che si realizza solo per l'accordo tra una donna e un professionista sanitario”. Per
i presuli, “gli studi hanno dimostrato che la percentuale delle gravidanze non desiderate
che terminano in aborti è più alta rispetto a quella delle gravidanze che avvengono
mentre si fa uso di anticoncezionali”. I vescovi hanno infine espresso la propria
preoccupazione per il fatto che questa legge possa “costituire un fatto senza precedenti
che minaccia i diritti di coscienza degli impiegati che applicano le proprie credenze
religiose” e altri che per la loro morale o le obiezioni religiose si rifiutano di
effettuare queste procedure. Con questo tipo di misure, avvertono, si possono promuovere
“riforme che sarebbero vuote promesse”. (M.G.)