2010-10-01 14:24:59

India: dal verdetto di Ayodhya un “campanello di allarme” per le minoranze religiose


“La sentenza di Ayodhya, basata sul compromesso politico, potrà avere gravi ripercussioni sulle minoranze religiose in India. I movimenti estremisti indù che distrussero la moschea di Babri Masjid nel 1992 cantano vittoria e, allo stesso modo, rivendicano almeno altri 3.000 siti dove sorgono edifici di culto appartenenti alle altre minoranze religiose”: è quanto dice in un commento rilasciato all’agenzia Fides il cattolico John Dayal, attivista indiano per i diritti umani e Segretario generale dell’All India Christian Council, organismo che riunisce rappresentanti cristiani di tutte le confessioni, molto attivo nella difesa delle minoranze religiose. Dayal spiega che “il verdetto, con la disposizione di dividere l’area contesa fra indù e musulmani, è stato considerato come l’unico modo per ricreare pace fra le due comunità. Ma credo che potrebbe avere l’effetto opposto: la Corte, con tale decisione, ha dato adito e credibilità legale, senza prove storiche o archeologiche, alla mitologia indù del luogo di nascita del Dio Rama, sulle cui rovine sarebbe poi stata costruita la moschea. Per questo i gruppi estremisti indù, che la rasero al suolo nel 1992, considerano il verdetto come una gloriosa vittoria e hanno ripreso entusiasmo. Il capo del Rss (Rashtriya Swayamsevak Sangh, “Corpo nazionale dei volontari”) ha già richiamato tutti i militanti, lanciando una campagna nazionale per costruire un tempio magnificente al Dio Rama, e alcuni politici come Lal Krishna Advani, del partito nazionalista indù Baratiya Janata Party, hanno già espresso parere favorevole”. Dayal segnala, a questo punto, seri pericoli per le minoranze religiose: “Esistono, infatti, molti altri casi simili: territori contesi fra gruppi religiosi, in cui documenti di archivio e prove archeologiche scarseggiano. Solo nelle relazioni fra indù e musulmani sono in corso almeno altre tre grandi dispute. Ma, secondo movimenti estremisti indù come il ‘Sangh Parivar’, sono almeno 3.000 gli edifici di culto, appartenenti a comunità religiose minoritarie, che sarebbero stati costruiti sui resti di templi indù. Oggi, sull’esempio di Ayodhya, tali rivendicazioni potrebbero moltiplicarsi o riprendere vigore, con effetti negativi sui rapporti interreligiosi. Inoltre la sentenza - continua il Segretario - non tiene conto della legge per cui il terreno di un edificio religioso – tempio, moschea o chiesa – è stato riconosciuto e stabilito per sempre a partire dal momento dell’Indipendenza dell’India, il 15 agosto 1947, e nessuno può usurpare il luogo o l’edificio di un’altra comunità religiosa”. Il verdetto di Ayodhya, ribadisce Dayal a Fides, costituisce un “campanello di allarme per le minoranze religiose in India. Quello che più mi preoccupa è vedere che i tribunali non decidono sulla base delle prove o del diritto, ma considerando i sentimenti del popolo. Questo dà alla comunità maggioritaria, quella indù, un potere straordinario in un Paese multiculturale come l’India”. Una nota positiva, secondo Dayal, è stata l’attenzione del governo e della polizia sulla vicenda: il controllo dei militanti, lo schieramento delle forze di sicurezza, il blocco degli Sms collettivi. “Questo significa che le minoranze possono e devono essere protette”, conclude. (R.P.)







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