Somalia: la taskforce anti-pirateria dell'Ue ottiene il rilascio di un natante
Non si arrestano le azioni di pirateria davanti alle coste della Somalia. Nelle ultime
24 ore è stato sequestrato un mercantile battente bandiera panamense e il suo equipaggio
di 15 marinai indiani. Il cargo navigava in direzione del porto keniota di Mombasa
proveniente da Durban, in Sudafrica. Questa mattina la taskforce anti-pirateria dell'Unione
europea, Eu Navfor, ha ottenuto il rilascio di un altro natante battente bandiera
iraniana con sette persone di equipaggio sequestrato sempre nel Golfo di Aden. Massimiliano
Menichetti ha intervistato Nicolò Carnimeo, docente di diritto della navigazione all’Università
di Napoli:
R. - Dobbiamo
dire che non c’è un’intensificazione degli attacchi ma gli attacchi si sono dimostrati
stabili nel tempo. Quelle sono rotte in un punto strategico, ovviamente, perché tutto
il traffico petrolifero che passa dall’Oceano indiano arriva al Mediterraneo deve
assolutamente passare di lì. L’impegno dell’anti-pirateria, delle nostre forze navali
insieme a quelle dell’Unione europea, della missione Atlanta e delle altre missioni
impegnate, è diventato più rilevante. Le regole di ingaggio ci consentono di intervenire
con più efficacia. Ma il problema della pirateria non si risolve in mare perché lo
scenario è molto grande; i pirati possono oggi contare su basi logistiche alle Seychelles
e hanno queste navi madri che sembrano imprendibili, perché la vastità dell’Oceano
e dello scenario è di un milione di miglia quadrate. Il problema della pirateria rimane
complesso ed è un problema terrestre che riguarda appunto la Somalia.
D.
- Professore, ma proprio sulla terra ferma il governo di transizione ha grandi difficoltà
a controllare il territorio. E' costante il bollettino degli scontri anche con gli
Sebaab, legati ad al Qaeda...
R. - Purtroppo, il premier del governo
di transizione, Omar Abdirashid Ali Sharmarke, ha rassegnato le sue dimissioni proprio
in settembre e ha reso ancora più delegittimato questo piccolo governo che non controlla
il proprio territorio. Quindi controlla semplicemente alcune parti della capitale
e la Somalia è abbandonata a se stessa, è governata da questi clan.
D.
- Il governo di transizione comunque siede come rappresentante nei tavoli internazionali,
come si può rafforzare la sua posizione?
R. - Non solo la cooperazione
con alcune regioni come il Somaliland, oppure intervenire con maggiore efficacia in
Puntland, che sono due regioni autonome che hanno già il controllo di parte del territorio.
Bisogna riportare le regole, quindi l’intensificazione dei rapporti diplomatici e
delle missioni che effettivamente riportino una sorta di statualità in Somalia.
D.
- La Somalia è rappresentata come una nazione abbandonata a se stessa, ai pirati.
È solo questo il suo volto?
R. - C’è una classe sociale molto forte
di persone che sarebbe interessata a questo cambiamento. Purtroppo comandano le armi,
tanto è vero che l’embargo delle armi - che è operante da tanti anni - in effetti
non viene rispettato e continua ad essere una regione, un buco nero, da cui purtroppo
passa ancora di tutto.