Mons. Tomasi: pregiudizi, ideologie ed estremismi minacciano la libertà religiosa
nel mondo
''La religione cattolica è la religione maggiormente attaccata nei suoi contenuti
in Europa'': ad affermarlo è il filosofo francese non credente Bernard-Henri Levy,
che, in una intervista al giornale spagnolo 'Abc', si è detto impressionato dai continui
attacchi contro la Chiesa cattolica e il Papa. ''Io non sono cattolico - ha detto
Levy - ma penso che nei confronti dei cattolici vi sia un pregiudizio, che sta assumendo
proporzioni enormi in Europa''. Proprio ieri, mons. Silvano Maria Tomasi è intervenuto
alla sessione del Consiglio Onu per i Diritti umani in corso a Ginevra. L’osservatore
permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite nella città elvetica
ha denunciato un atteggiamento antireligioso sempre più diffuso che favorisce la discriminazione
e il pregiudizio. Nello stesso tempo ha messo in guardia dagli estremismi e dalla
manipolazione politica della religione che minacciano in tutto il mondo la libertà
religiosa. Ascoltiamo mons. Silvano Maria Tomasi al microfono di Sergio
Centofanti:
R. - La questione
della libertà di religione sta diventando un tema caldo nel dibattito internazionale,
date le situazioni che si stanno sviluppando in vari Paesi, come le reazioni contro
temi religiosi: per esempio, gli inviti a bruciare il Corano o le violazioni dei diritti
dei cristiani in Paesi musulmani e così via. Quindi, davanti a questa esigenza si
è voluto mettere l’accento su una distinzione che mi pare fondamentale: bisogna stare
attenti a non confondere il livello teorico - dove si possono dibattere teologie,
filosofie e varie opinioni su credenze o non credenze - dalla necessità di proteggere
i diritti concreti delle persone e delle comunità di persone in tutte le regioni del
mondo. Davanti a questa nuova evidenza, questa nuova visibilità della religione nell’arena
internazionale, bisogna avere delle idee abbastanza precise e, soprattutto, mettere
in pratica delle politiche che arrivino veramente a proteggere gli individui, le loro
credenze, le loro comunità di fede in modo che abbiamo una possibilità di convivenza
pacifica.
D. - Lei ha parlato della libertà di espressione e della critica
che non può essere assimilata, per esempio, a forme di diffamazione della religione...
R.
- La libertà di espressione mi pare sia la via per proteggere la libertà di religione,
perché se non abbiamo questa libertà di poter discutere, di poter trattare tutte le
questioni, di poter affrontare serenamente le opinioni degli altri, andiamo incontro
al rischio di creare degli Stati oppressivi e delle politiche che non rispettano i
diritti umani. Per cui, quando la critica è fatta con rispetto, questa critica può
diventare un bene, una risorsa per la comunità umana.
D. - Lei ha parlato
anche degli opposti estremismi, individualismo e collettivismo, e dei pericoli dell’ideologia
…
R. - C’è il rischio - e non è tanto una scoperta astratta di oggi
ma mi pare qualcosa che sta avvenendo spesso - che si costruisca un’immagine dell’uomo,
della persona umana che è un’immagine ideologizzata: cioè, in base all’ideologia,
che uno difende, si crea una antropologia, una lettura della persona umana. Invece,
la persona umana non è né un individuo chiuso in se stesso e, quindi, tagliato fuori
dal resto della comunità umana, e neppure un’entità assorbita nel collettivismo proclamato
da alcune ideologie. Quindi, dobbiamo evitare gli estremi per poter far valere la
ricchezza di ogni persona e la sua capacità di essere in relazione con gli altri.
In questo modo salvaguardiamo davvero i diritti dell’individuo e i diritti della comunità
di persone.
D. - Quali pericoli vede oggi in particolare per la libertà
religiosa? Penso anche al ruolo della religione nello spazio pubblico …
R.
- Il rischio viene da varie parti. Uno è la strumentalizzazione della religione, cioè
usare immagini, simboli, argomenti alle volte che vengono da contesti religiosi o
da condizioni religiose per attuare degli obiettivi che non sono religiosi ma che
possono essere di conquista del potere, obiettivi politici o una manipolazione dell’opinione
pubblica e così via. Dall’altra abbiamo il rigetto "elegante" della fede religiosa
nel contesto del benessere di alcuni Paesi dove la persona può essere interpretata
in tutte le maniere eccetto nella sua dimensione spirituale e di richiamo, inerente
alla persona, alla trascendenza. Quindi, abbiamo davvero - mi sembra - dei momenti
molto difficili, dove si va incontro al rischio di emarginare tutto quello che è al
di là degli interessi economici e degli interessi materiali immediati. Dobbiamo tenere
aperta la possibilità che la persona possa veramente realizzarsi in tutte le sue dimensioni,
inclusa quella spirituale. Dobbiamo lavorare perché nelle strutture della società,
cioè al di là dei grandi discorsi astratti e teoretici, nelle strutture e nelle leggi
nazionali, nel sistema educativo, nel sistema giudiziario di ogni Paese, nel contesto
politico della società civile, la religione non diventi una scusa per la discriminazione.
Questo è un compito che dobbiamo portare avanti.