Il Parlamento europeo: no alla condanna a morte di Sakineh, no alla pena capitale
Notizie discordanti su Sakineh Mohammadi-Ashtiani, la donna iraniana già condannata
alla lapidazione per adulterio e per complicità nell’omicidio del marito con sentenza
poi sospesa: secondo quanto scrive il quotidiano Teheran Times, il procuratore generale,
Gholamhossein Mohseni-Ejei, avrebbe confermato la condanna a morte tramite impiccagione.
Ma il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Ramin Mehman-Parast, ha affermato
che il processo non è ancora finito. Da parte sua il figlio di Sakineh, Sajjad Ghaderzadeh,
torna a lanciare appelli. Nelle scorse settimane, dopo una mobilitazione di governi
e organizzazioni per i diritti umani occidentali, le autorità iraniane hanno annunciato
la sospensione della condanna alla lapidazione. Il 19 settembre, parlando a New York
con la catena televisiva americana Abc, il presidente Ahmadinejad ha addirittura smentito
che vi fosse mai stata una sentenza di lapidazione. Per il caso di Sakineh il Parlamento
europeo ha votato 20 giorni fa una risoluzione di condanna e continua a seguire il
caso. Fausta Speranza ha intervistato la vicepresidente del Parlamento Europeo,
Roberta Angelilli:
R. –
L’impegno è quello di chiedere proprio a gran voce, in maniera intransigente, che
questa donna non venga uccisa, che non venga trucidata: non importa se non è più lapidazione
ma impiccagione. Noi siamo contro la pena di morte ma soprattutto noi pretendiamo,
nel rispetto dei diritti umani, la revisione del processo. Questa donna ha diritto
ad un processo equo, imparziale, un processo in cui vengano rispettati tutti i crismi
ed i criteri in termini di garanzia alla difesa, di presunzione di innocenza fino
a prova contraria, quindi un processo vero e non una farsa come noi sospettiamo sia
il processo che ha dovuto subire Sakineh.
D. – E che peraltro sembra
non terminato: voi, a livello di Parlamento europeo, avete notizie certe su quanto
sta accadendo?
R. – Nessuno, purtroppo, ha notizie certe. Una settimana
fa il presidente dell’Iran ha detto che Sakineh non era in pericolo di vita, e l’ha
detto anche in un contesto internazionale molto importante; pochi giorni dopo, questa
notizia è stata ribaltata. Questo è già di per sé qualcosa di gravissimo. Evidentemente,
non c’è trasparenza, evidentemente non c’è chiarezza, evidentemente noi abbiamo tutto
il dovere di dire che in quel Paese i diritti umani fondamentali non sono rispettati
e non sono rispettate neanche le più elementari regole di trasparenza che, ovviamente,
devono essere parte integrante di tutti i procedimenti giudiziari e di polizia.
D.
– Vicepresidente Angelilli, il caso di Sakineh ha determinato un pronunciamento del
Parlamento – l’ennesimo, in realtà – su questi temi, e lo sguardo è stato più ampio,
si è allargato anche ai casi di tortura nonché anche ad altri casi di vicende umane:
è così?
R. – E’ così. In realtà, Sakineh è una bandiera ma esistono
tantissime Sakineh! Ci sono migliaia di Sakineh in tutto il mondo! Proprio ieri è
stata lapidata una donna in Afghanistan … In molti Paesi la violazione dei diritti
umani, in particolare rispetto alle donne, è all’ordine del giorno, è pane quotidiano.
Quindi noi non possiamo abbassare la guardia. Non lo faremo nei confronti di questo
caso ma non vogliamo farlo nei confronti di tutte quelle persone che magari sono meno
note, che non sono arrivate alla ribalta dei mass media, a livello internazionale
ma che sono persone, sono esseri umani dotati – evidentemente – di diritti fondamentali
che devono sentire l’Europa vicina.