Scade la moratoria sugli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Ad ottobre vertice
a Parigi con Netanyau e Abu Mazen
Medio oriente. Delusione nella comunità internazionale per il mancato rinnovo della
moratoria sugli insediamenti ebraici in Cisgiordania, scaduta ieri a mezzanotte. Continua
comunque la pressione perché ci sia un nuovo congelamento delle costruzioni israeliane.
Il presidente dell’Anp Abu Mazen ha detto che i negoziati di pace con Israele sono
una perdita di tempo se continuerà la colonizzazione nei Territori, ma ha rimandato
ogni decisione dopo il 4 ottobre, data in cui sarà consultata la Lega araba. Il presidente
francese Sarkozy ha intanto annunciato un mini vertice per ottobre a Parigi, con Netanyahu,
Abu Mazen e il presidente egiziano Mubarak. Il servizio di Cecilia Seppia.
Per un commento
sull'attuale situazione in Medioriente Roberta Gisotti ha raccolto il commento
di Innocenzo Gargano, teologo, fondatore dei Colloqui ebraico-cristiani di
Camaldoli:
R. - Nessuno
vuole mettere in dubbio che si tratti di una situazione veramente molto difficile,
però, dal momento che finalmente avevamo cominciato a vedere qualche risultato positivo,
lasciarsi deviare dalla indicazione, che è stata tenuta presente finora, e che ha
permesso di arrivare a questi negoziati, a motivo di piccoli incidenti o di proteste
più o meno poi esaltate dai mass media, mi sembra davvero una mancanza di serietà
politica. Cioè, se questi responsabili, da una parte e dall’altra, hanno capito di
avere finalmente imboccato la strada giusta per arrivare a vivere in pace tra vicini,
si va avanti.
D. - Padre Gargano, si ha quasi l’impressione di essere di fronte
a dei leader politici che mancano in qualche modo di autorevolezza, che sembrano prigionieri
dei propri elettorati?
R. - Questo, sì, è un vero problema, ma vale per loro
e vale per tutti i politici di questo mondo. Questo condizionamento che viene da frange
estremiste, minimali, ce l’hanno tutti i politici. L’Italia ha avuto una storia abbastanza
lunga su questo problema. Quindi, sì, potrei essere d’accordo che abbiamo bisogno
di leader un po’ più robusti, più capaci di dire 'no', e che dicano 'abbiamo capito
dove sta la strada per la pace e la perseguiamo fino in fondo'.
D. - Quindi,
c’è da sperare nella lungimiranza di questi due leader che hanno in mano in questo
momento un’occasione…
R. - Sì, soprattutto c'è bisogno di non lasciarli soli.
Cioè, se queste grandi potenze ed anche l’opinione pubblica internazionale, a sua
volta, sono motivate dalla pace e non da altri interessi - più o meno confessabili
- devono supportare questi due leader che già hanno problemi all’interno delle loro
situazioni politiche. Magari anche loro erano partiti da estremismi più o meno condivisibili.
Mano a mano che hanno fatto l’esperienza si sono resi conto che l’unica strada della
pace è il compromesso, a questo punto. Ma che cosa vogliamo fare? Il compromesso non
è necessariamente negativo, il compromesso è “com-promittere”, cioè io do una cosa
a te, tu la dai a me, in modo che insieme possiamo raggiungere un obiettivo. Questo
è stato verificato in questi 10 mesi di sospensione. Perché non raccogliere i frutti
adesso di quello che abbiamo verificato?