Pakistan: rischio di corruzione sugli aiuti ai profughi
Non accenna a migliorare la situazione dei profughi in Pakistan. Secondo la Comunità
di Sant’Egidio, presente nel Paese con più di duecento rappresentanti, la situazione
è davvero drammatica. Gli sfollati ancora non sono stati registrati dagli uffici governativi,
non ricevendo per tanto tempo gli aiuti previsti. Solo le Ong si starebbero occupando
di queste persone. Il governo, che ha stanziato una serie di fondi per il recupero
dei terreni, non ha ancora consegnato in numerose zone rurali la “Watan Card”, una
sorta di bancomat, che permetterebbe alle famiglie censite in apposite liste, di ritirare
20.000 rupie, circa 180 euro. L’agenzia Fides ha accolto le dichiarazioni di diversi
coordinatori della Comunità di Sant'Egidio, tra cui don Paolo Cristiano. Il religioso
ha reso noto che sono stati portati aiuti a circa 300 famiglie sottolineando, inoltre,
come, molto spesso, gli aiuti vengano consegnati su base religiosa, preferendo le
famiglie musulmane e creando tensioni all’interno dei campi profughi. Anche altre
Ong hanno denunciato come siano ancora migliaia i profughi “inesistenti” o “invisibili”.
Tra queste “La Commissione per i Diritti Umani in Pakistan” riporta le voci dei profughi,
secondo cui, alla base della mancata registrazione vi sia l’impossibilità di pagare
tangenti agli ufficiali governativi. L'assenza della registrazione impedisce al governo
di avere dati certi ma soltanto delle stime che non in quadrano la situazione reale.
Le famiglie vivrebbero accampate in alloggi di fortuna o ammassate in sterminati campi
profughi, dove ai problemi legati alla mancata distribuzione degli aiuti si somma
il rischio di infiltrazioni di gruppi islamici radicali. (M.O.)