Medio Oriente: diplomazia al lavoro a poche ore dalla scadenza della moratoria sugli
insediamenti israeliani
Febbrile impegno della comunità internazionale per il Medio Oriente. A poche ore dalla
scadenza di domani della moratoria sugli insediamenti israeliani, gli Stati Uniti
aumentano la pressione sulle parti per giungere ad una soluzione concordata, ma il
presidente palestinese, Abu Mazen, non sembra intenzionato a voler accettare alcun
compromesso. Non si rischia, però, di ridurre tutta la questione solo a questo aspetto?
Giancarlo La Vella ne ha parlato con Marcella Emiliani, docente di Sviluppo
del Medio Oriente all’Università di Bologna:
R. – Il problema
delle colonie ebraiche nei Territori occupati è il cuore della trattativa. Ora, come
più volte denunciato, non solo dai palestinesi, il problema degli insediamenti è cruciale,
non solo per il loro numero, ma anche per il luogo dove questi insediamenti vengono
moltiplicati. Vanno ad incunearsi regolarmente dentro aree densamente popolate da
palestinesi, rendendo estremamente difficile un’eventuale restituzione del territorio
ai palestinesi stessi.
D. – Vista da parte israeliana, perché è così
importante la questione?
R. – A livello politico, la questione delle
colonie in Israele divide molto. Forse, solo su Gerusalemme c’è un consenso abbastanza
vasto, per estendere le colonie stesse, ma non su tutta la Cisgiordania. Per quello
che riguarda la parte dei coloni irremovibili dai territori, è chiaro che qui scatti
una simbologia biblica, per cui tutta la terra che va dal Libano fino al Tigri, all’Eufrate
e addirittura al Sinai, sarebbe ebraica. Ci sono coloni, però, con cui non si può
trattare, ma esistono anche coloni che non hanno questo tipo di motivazione e che
con incentivi economici o altri provvedimenti potrebbero essere convinti a ricevere.
D.
– Siamo ormai purtroppo abituati a vedere risolvere le questioni internazionali più
sulla base degli interessi economici strategici in gioco, più che sull’intenzione
di tutelare i diritti umani dei singoli o delle popolazioni. E’ la stessa cosa, anche
per la crisi israelo-palestinese?
R. – La crisi israelo-palestinese
ha una valenza strategica altissima, nel senso che lo stesso presidente americano
Obama è conscio del fatto che se riuscisse davvero a portare la pace tra israeliani
e palestinesi, tutta la politica in Medio Oriente ne uscirebbe estremamente distesa.
Certo, siamo stanchi di sentir parlare del conflitto israelo-palestinese e arabo-israeliano
che ha più di 60 anni. E’ altrettanto vero, però, che è il nodo di tutta la conflittualità
mediorientale. Puntare quindi a questa pace riamane cruciale.