Usa: eseguita in Virginia la condanna a morte di Teresa Lewis
Alle 21.13 di ieri, nel carcere di Greensville, un’iniezione letale ha ucciso Teresa
Lewis. Prima di morire la donna di 41 anni, condannata nel 2003 per avere pianificato
l'omicidio del marito e del figlio adottivo di lui, ha chiesto perdono alla figlia.
Dietro questa ennesima esecuzione, già di per se deplorevole, si celano molti aspetti
controversi che hanno alimentato gli appelli alla clemenza che in questi giorni si
sono levati dalle organizzazioni umanitarie e da diverse autorità della comunità internazionale.
La Lewis si era, infatti, dichiarata colpevole di aver ordinato a due uomini il duplice
omicidio, ma uno dei due complici, prima di suicidarsi, aveva detto di averla plagiata.
La donna è, inoltre, considerata una disabile mentale, tuttavia non le è stata riconosciuta
l’incapacità di intendere perché la stessa supera di appena due punti il limite del
quoziente d’intellettivo fissato dallo Stato della Virginia per identificare le persone
con ritardi mentali. Tutto questo non è bastato a suscitare l’intervento positivo
della Corte Suprema che ha invece respinto la richiesta di sospensione. “Questa esecuzione
significa che il sistema non funziona”, ha dichiarato l’avvocato della condannata,
James Rocap, facendo eco ad un sentimento che amina sempre più una Nazione che torna
ad interrogarsi sull’istituzione della pena capitale. Secondo le statistiche tenute
dal Death Penalty Information Center, nel solo 2010 le persone messe a morte negli
Stati Uniti sono state 38. E ora i riflettori sono puntati sulla California, dove
la decisione di una corte d'appello ha riaperto la porta alle esecuzioni, sulle quali
vigeva una moratoria “de facto”, dopo che nel 2006 un giudice aveva dichiarato “crudele”
il metodo tramite iniezione. (A cura di Marco Guerra)