Somalia, l'Unione Africana chiede il disarmo ai ribelli
E’ sempre più grave la crisi politico-istituzionale in Somalia, mentre nel Paese proseguono
i combattimenti tra ribelli Al Shabaab e soldati del governo transitorio, sostenuti
dalla forza di pace dell'Amisom. Ieri, intanto, sono giunte le dimissioni del primo
ministro Sharmarke. Un evento che tuttavia non ha impedito ai peacekeeper africani
di lanciare un appello ai guerriglieri, affinché depongano le armi e contribuiscano
al bene del Paese. Un segnale di apertura che Mario Raffaelli, presidente di
Amref Italia ed esperto di Somalia ritiene che potrebbe segnare un cambiamento di
strategia da parte della comunità internazionale verso la Somalia. L’intervista di
Stefano Leszczynski:
R. – Nei
prossimi giorni – il 26 e 27 – si terrà a Madrid una riunione dell’International Contact
Group sulla Somalia e quindi lì già si vedrà se c’è una maturazione da parte della
comunità internazionale della necessità di arricchire un po’ il proprio approccio
e non limitarlo all’azione militare che si è visto non essere efficace per risolvere
il problema – non da solo, almeno. E quindi, dietro a questo primo appello c’è una
strategia: quella di cercare di aprire un dialogo con quanti, all’interno degli insorti
somali e inclusi gli Shabab possono essere interessati a trovare un percorso per uscire
da questa situazione drammatica.
D. – Con le dimissioni del premier,
la situazione politica della Somalia può andare peggiorando o potrebbero esserci anche
cambiamenti positivi?
R. – La comunità internazionale ha fatto nei giorni
scorsi un appello pressante al governo somalo perché smettesse – appunto – questa
guerriglia all’interno di un governo che fa fatica a controllare porzioni di Mogadiscio;
vediamo se questa soluzione può rappresentare un punto di svolta o meno.
D.
– Anche qui però c’è sempre un personaggio esterno, che questa volta è rappresentato
dall’Etiopia: è effettivamente un’incognita, questo Paese, per la Somalia?
R.
– L’Etiopia è un giocatore di primo piano, ovviamente, in questo scacchiere perché
è la superpotenza regionale e perché ha degli interessi legittimi, delle preoccupazioni
legittime per quanto riguarda la propria sicurezza. Il problema è che l’Etiopia spesso
sceglie una scorciatoia per seguire questi interessi, anche legittimi, che è quella
– appunto – dell’interferenza, del controllo sul governo o addirittura dell’intervento
militare che non è il modo migliore per affrontare i problemi!
D. –
Sempre meno arrivano notizie sulla condizione umanitaria della popolazione … R.
– Il fatto stesso che non arrivino più notizie testimonia la gravità, sia perché non
si è nemmeno più in grado di seguire sul campo, mancando delle antenne, una presenza
internazionale consistente e diffusa, sia perché questa, che era stata dichiarata
due anni fa la peggiore emergenza a livello internazionale è rimasta tale e si è cronicizzata.
Purtroppo, appunto, nell’indifferenza di gran parte della comunità internazionale.