2010-09-21 15:27:56

Vertice Onu sugli obiettivi del Millennio. ll cardinale Turkson: combattere la povertà, non i poveri


Non abbiate paura dei poveri: l’invito del cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, rivolto ieri al Vertice, in corso nel Palazzo di Vetro dell’Onu a New York, per fare il punto sugli obiettivi di sviluppo del Millennio. Il porporato a capo della delegazione della Santa Sede ha chiesto ai governi dei Paesi sviluppati e non, di assumersi le proprie responsabilità nella lotta alla povertà. Il servizio di Roberta Gisotti.RealAudioMP3

“Gli obiettivi di sviluppo del Millennio dovrebbero servire a combattere la povertà non ad eliminare i poveri!”, ha esclamato il cardinale Turkson in casa Onu. Guai “a diffondere e ad imporre stili di vita egoistici o, peggio ancora, politiche demografiche quale conveniente mezzo per ridurre il numero dei popoli poveri”. Sarebbe un “segno malevolo e miope”. Al contrario, ha aggiunto il porporato, bisogna “dare ai Paesi poveri una struttura accessibile di finanza e commercio e aiutarli a promuovere la buona governance e la partecipazione della società civile” per contribuire effettivamente al benessere di tutti.

Del resto, ha sottolineato ancora il capo della delegazione vaticana, “tutti i Governi, sia dei Paesi sviluppati che in via di sviluppo devono assumersi le proprie responsabilità per combattere la corruzione contro una sconsiderata e talvolta immorale condotta nel campo degli affari e della finanza, cosi come l’irresponsabilità e l’evasione fiscale, al fine di garantire lo stato di diritto e promuovere gli aspetti umani dello sviluppo come l’educazione, la sicurezza lavorativa e l’assistenza sanitaria per tutti”.

Infine un’accusa precisa: se innumerevoli vittime innocenti, intere popolazioni, sono state abbandonate a seguito della crisi finanziaria internazionale, ciò si deve “alla condotta immorale e irresponsabile dei grandi operatori finanziari privati insieme alla mancanza di lungimiranza e controllo da parte dei Governi e della comunità internazionale”. Inoltre, ha aggiunto il porporato, “i Governi - sia donatori che beneficiari - non dovrebbero interferire o ostacolare il particolare carattere e l’autonomia delle organizzazioni religiose e civili” impegnate nel campo dello sviluppo; piuttosto dovrebbero rispettosamente incoraggiarle, promuoverle e sostenerle per quanto possibile finanziariamente. “La generosità e la dedizione delle organizzazioni religiose e civili dovrebbe ispirare gli organismi governative e internazionali a fare altrettanti sforzi”.

Tra gli altri ostacoli alla sviluppo il presidente di Giustizia e Pace, ha indicato il “nazionalismo eccessivo” e l’“interesse corporativo”, così pure “le vecchie e nuove ideologie”, che fomentano le guerre e i conflitti, ed anche “i traffici illegali di persone, droghe e preziose materie prime”, la mancanza di scrupoli di taluni imprenditori, il riciclaggio di denari nei cosiddetti ‘paradisi fiscali’. Sono tutte realtà che deviano le già limitate risorse per lo sviluppo nei Paesi poveri.

Lottare contro la povertà materiale è “un obiettivo strategico e nobile”, ha concluso il rappresentate della Santa Sede, “ma in questo sforzo non dimentichiamo mai che la povertà materiale è collegata alla povertà relazionale, emozionale e spirituale”. La persona umana deve essere al centro della nostra ricerca per lo sviluppo, non deve essere vista come “un peso” ma come “parte della soluzione”.

Uno dei passi più significativi dell’intervento del cardinale Peter Turkson al Palazzo di Vetro dell’Onu a New York, è stato quello riguardante la necessità di dare ai Paesi poveri una struttura accessibile di finanza e commercio per contribuire effettivamente al benessere di tutti. Salvatore Sabatino ha chiesto un commento al prof. Stefano Zamagni, docente di Economia Politica presso l’Università di Bologna e consultore del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace:RealAudioMP3

R. – Questo discorso del cardinale Turkson si richiama a quella che ormai è un’opinione ampiamente condivisa, che i Paesi poveri non possono continuare ad essere aiutati con la logica dell’assistenzialismo, perché l’aiuto assistenzialistico non libera le capacità che sappiamo esistono presso quelle popolazioni. L’altro punto del discorso del cardinale è quello di mettere in moto un meccanismo, urgentemente, per creare un fondo ed è questa la ragione per cui si propone quella che ormai è nota come la “Tobin tax”, cioè una tassazione sui movimenti speculativi dei capitali, dell’ordine dello 0,05 per cento, quindi quasi irrilevante, ma che a livello mondiale darebbe un gettito molto elevato.

D. – Il cardinale Turkson ha aggiunto anche che gli obiettivi di sviluppo del Millennio dovrebbero servire a combattere la povertà, non ad eliminare i poveri. Un appello importante, ma anche una denuncia...

R. – Esatto, è anche una denuncia, perché evidentemente ci ricorda la distinzione fondamentale tra povertà e miseria. La miseria è un male, la povertà, se interpretata come virtù, cioè come distacco e soprattutto distacco dall’avarizia, è invece qualcosa di positivo. D’altra parte, in qualche pagina del Vangelo c’è scritto che i poveri li avremo sempre con noi. Quindi, la nostra lotta è contro le cause generatrici della miseria, perché oggi dobbiamo sapere che la miseria è uno scandalo, non è solo un’ingiustizia, perché potrebbe essere combattuta e non viene combattuta.

D. – Ad oggi, solo pochi degli obiettivi prefissati nel campo della salute, dell’istruzione, dell’alimentazione e dello sviluppo sono stati conseguiti. Quanto la crisi economica ha influito su questo mancato raggiungimento degli obiettivi e quante invece sono state le responsabilità della comunità internazionale?

R. – Direi non più di tanto. Lo so che oggi è di moda attribuire tutti i mali dell’umanità alla crisi. Non dimentichiamo che la crisi è cominciata solo tre anni fa e questi problemi, che sono di natura endemica, già si conoscevano cinque, dieci, quindici anni fa. Certo, la crisi ora non sta aiutando la soluzione, nella misura in cui i diversi Paesi hanno ridotto la partecipazione ai piani di sviluppo. Le cause, però, generatrici del sottosviluppo sono legate alla terza rivoluzione industriale e non tanto alla globalizzazione, come spesso si dice. Terza rivoluzione industriale vuol dire economia della conoscenza. E allora, i Paesi dove, per una ragione o per l’altra, non si è investito in capitale umano, in educazione, scuole e così via, vedono allontanata la propria posizione di benessere dagli altri.







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