La lotta alla fame in Africa passa per la democrazia
La nuova impostazione della cooperazione di Pierluigi Natalia (Osservatore Romano)
L'affermazione
della democrazia è per l'Africa non solo una prospettiva di pace, ma anche un sostegno
fondamentale per la lotta alla fame. In questo senso vanno letti non solo i risultati
recenti raggiunti da Paesi dove processi democratici sono stati in qualche modo avviati
dopo decenni di autocrazie o di dittature militari, ma anche i termini di una nuova
impostazione della cooperazione internazionale, soprattutto da parte europea. Un
esempio significativo viene dallo Zimbabwe, dove è migliorata la sicurezza alimentare,
dopo gli sforzi profusi nel settore agricolo dal Governo di unità nazionale insediato
due anni fa e grazie al sostegno delle organizzazioni internazionali, che hanno garantito
un finanziamento di sessanta milioni di euro. I due aspetti sono sottolineati in
un rapporto appena diffuso sulla missione congiunta realizzata a giugno nello Zimbabwe
dalla Fao, l'agenzia delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura e dal
Programma alimentare mondiale (Pam) dell'Onu. Secondo gli esperti della Fao e del
Pam, la superficie coltivata a mais è cresciuta nel 2010 del 20 per cento rispetto
all’anno precedente, raggiungendo il livello più alto degli ultimi trent'anni, mentre
i raccolti hanno superato un milione e 350.000 tonnellate, il triplo rispetto a due
anni fa. Nonostante questo aumento di produzione agricola, il rapporto nota che
nello Zimbabwe ci sono ancora più di un milione e mezzo di persone, su una popolazione
complessiva di quasi 13 milioni, bisognose di assistenza alimentare a causa dei
prezzi troppo alti. Definito un tempo il granaio dell’Africa, dal 2001 lo Zimbabwe
ha conosciuto stagioni di grave siccità, e a peggiorare la situazione hanno contribuito
una cattiva gestione delle terre e le sanzioni imposte da Stati Uniti e Gran Bretagna.
Nelle stesse ore in cui veniva diffuso il rapporto sullo Zimbabwe, la Commissione
europea sbloccava circa quindici milioni di euro per il Niger, il paese del Sahel
più colpito dalla crisi alimentare che interessa almeno dieci milioni di abitanti
della regione. I nuovi fondi sono destinati, tra l’altro, all’acquisto di alimenti
sufficienti ad arginare l’emergenza fino al prossimo raccolto. L'annuncio dei nuovi
fondi, che portano a 54 milioni di euro il contributo erogato dall'Unione europea
dall'inizio dell'anno, è arrivato in un periodo particolarmente critico per il Niger,
dove si stimano a sette milioni, circa la metà della popolazione, le persone in situazione
di insicurezza alimentare, per metà in necessità di assistenza immediata. Un ostacolo
al sostegno internazionale viene proprio dalla situazione politica in Niger, un Paese
sospeso dagli organismi regionali in seguito al colpo di Stato militare che in febbraio
ha destituito il contestato presidente Mamadou Tandja. Alla luce di una valutazione
democratica va letto anche l'annuncio che si profila una contrazione dei contributi
dei donatori internazionali al bilancio dell’Uganda, a causa di preoccupazioni crescenti
per casi di corruzione e per la «mancata volontà di affrontare la questione ad alto
livello», come si legge in una nota diffusa dal Joint Budget Support Development,
l'organizzazione di donatori per l'Uganda che comprende Commissione europea, Gran
Bretagna, Germania, Danimarca, Belgio, Irlanda, Norvegia, Olanda, Austria e Svezia,
oltre alla Banca mondiale. Il presidente ugandese Yoweri Museveni, al potere da
24 anni, ha rivendicato in più occasioni la crescita economica del Paese nell'ultimo
decennio, ma al tempo stesso non ha fornito risposte giudicate convincenti alle accuse
di peggioramento dei servizi pubblici e soprattutto di diffusa corruzione. A marzo
i donatori avevano affermato che la pratica è diventata endemica e che il rifiuto
del Governo di perseguirla ha favorito una cultura dell’impunità. A giugno l’Uganda
ha annunciato l’aumento del 16 per cento della spesa pubblica, portata a 3,3 miliardi
di dollari per il biennio 2010-2011. Un quarto della somma dovrebbe provenire da prestiti
internazionali e appunto da sovvenzioni del Joint Budget Support Development, originariamente
previste per 360 milioni di euro e che ora saranno ridotte di almeno il 10 per cento.
Tra gli altri esempi di cooperazione internazionale all'autosufficienza alimentare
africana annunciati in questi giorni, c'è la collaborazione avviata dalla Fao con
la Coalizione per lo sviluppo della risicoltura in Africa (Card), con l’obiettivo
di aumentare la produzione del riso nel continente entro il 2018. La Card, con sede
ad Accra, in Ghana, fu costituita nel 2008 durante la iv Conferenza di Tokyo sullo
sviluppo dell’Africa, che si incentrò proprio sul sostegno agli sforzi dei Paesi
africani per l’aumento della produzione di riso.