La Chiesa denuncia ritardi per il referendum sull'indipendenza del Sud Sudan
A meno di quattro mesi dal referendum che il 9 gennaio prossimo dovrà decidere sull’indipendenza
del Sud Sudan, i preparativi per il voto sono ancora in alto mare. A confermarlo,
dopo le denunce in questi mesi dei vescovi e delle altre Chiese cristiane nel Paese,
è mons. Howard J. Hubbard, presidente della Commissione per la giustizia e la pace
internazionale della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb). Il lavoro della
commissione elettorale che deve garantire il corretto svolgimento della consultazione
è appena agli inizi, ha detto all’agenzia Cns il presule, da poco rientrato da una
visita di sei giorni in Sudan, durante la quale ha incontrato a Khartoum e a Juba
diversi esponenti della Chiesa locale. In particolare, non è stata completata la
demarcazione dei confini tra Nord e Sud, non sono stati ancora definiti i criteri
di eleggibilità dei candidati , mentre la registrazione degli aventi diritto al voto
non è neanche cominciata e la gente non sa nulla. Le osservazioni di mons. Hubbard
fanno eco alle preoccupazioni espresse dai vescovi sudanesi che il 23 luglio scorso
avevano pubblicato una lettera pastorale per denunciare i ritardi e le inadempienze
nell’attuazione del ‘Comprehensive Peace Agreement’, l’accordo sottoscritto nel 2005
per porre fine al ventennale conflitto tra il governo di Khartoum e gli indipendentisti
del Sud. Anche per mons. Hubbard i ritardi vanno attribuiti alla persistente diffidenza
tra le parti e a manovre politiche. Oltre ai problemi relativi all’organizzazione
del referendum, restano inoltre aperti diversi altri nodi, a cominciare dalla sorte
del milione e mezzo di profughi del Sud Sudan che vivono nel Nord, nel caso in cui
vinca il sì all’indipendenza: “Se dovessero rientrare, bisogna vedere se il governo
è in grado di provvedere ai loro bisogni di base: cibo, un tetto, educazione e infrastrutture”,
ha detto il vescovo. Ci sono poi le questioni dei diritti dei cristiani nel Nord,
della distribuzione dei proventi del petrolio e delle misure predisposte per affrontare
eventuali violenze dopo il voto. Proprio per prevenire questa eventualità, la Chiesa
locale sta organizzando diverse iniziative tra il 21 settembre, Giornata internazionale
dell’Onu per la pace, e il 1° gennaio, la Giornata mondiale della Pace: veglie di
preghiera, Messe, attività di peace-building e dibattiti per promuovere la pace e
la riconciliazione. (L.Z.)