Gli organi di un bimbo palestinese salvano tre israeliani
In Israele tre persone si sono salvate grazie agli organi di un bambino morto in un
incidete. La notizia meriterebbe il giusto risalto anche a leggerla così ma assume
contorni ancora più significativi se si considera che i tre beneficiari sono tutti
ebrei e il piccolo donatore è un palestinese. Un gesto di grande amore e solidarietà
che squarcia la quotidianità di una terra divisa dall’odio e dalla violenza. Fatto
sta che l’episodio, reso noto dal quotidiano israeliano Yedioth Aharonot, è stato
subito rilanciato con grande entusiasmo dal Consiglio rappresentativo delle istituzioni
ebraiche di Francia (Crif), ricordando che i beneficiari dei trapianti, eseguiti con
successo, sono attualmente in convalescenza. La possibilità di una nuova vita è stata
offerta dalla famiglia del bambino palestinese che ha consentito l’espianto del suo
fegato e dei suoi polmoni. Secondo l'agenzia Zenit, dopo l'incidente, la famiglia
del bambino, che aveva tre anni, lo ha portato subito in un ospedale locale. Da lì
è stato trasferito all'ospedale Hadassah Ein Karem di Gerusalemme. Il piccolo ha ricevuto
assistenza e i medici hanno lottato per salvargli la vita. E' rimasto ricoverato per
una settimana, ma il suo stato di salute ha continuato a peggiorare e alla fine è
morto il primo settembre. I suoi genitori hanno quindi acconsentito alla donazione
degli organi, che ha salvato la vita di tre persone, tra cui un piccolo israeliano
di cinque anni che aveva urgentemente bisogno di un trapianto di fegato. Il bambino
è ora ricoverato nell'unità di Terapia Intensiva dell'ospedale Schneider e le sue
condizioni sono stabili. Parallelamente, è stato trapiantato un polmone a una bambina
di sette anni e mezzo che soffriva di una malattia polmonare. L'altro polmone è stato
trapiantato a un uomo di 55 anni. “Mio figlio era giunto a uno stato tale che era
impossibile salvarlo”, ha dichiarato Moussa Salhut, il padre del bambino palestinese
morto. “Siamo felici di vederlo rivivere in altre persone, indipendentemente dal fatto
che siano arabe o ebree”, ha sottolineato. “Quando si tratta di salvare una vita non
c'è differenza”, ha aggiunto. “Nella tristezza della nostra perdita, siamo contenti
di aver potuto salvare delle vite”. (M.G.)