Il ruolo dei media nel propagare campagne d’odio: intervista a don Franco Lever
Sulla scia delle violenze nel Kashmir indiano, e dopo quelle avvenute in questi giorni
anche in Pakistan e Afghanistan, ci si interroga sul ruolo dei media nell’alimentare
il clima di intolleranza religiosa nel mondo. Nei giorni scorsi i vertici dell’amministrazione
Usa avevano chiesto ai mezzi di comunicazione statunitensi di assumere un basso profilo
nei confronti della vicenda del rogo del Corano. Ma i giornali e le televisioni avrebbero
potuto ignorare completamente la notizia? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a
Franco Lever, Decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione nella Pontificia
Università Salesiana:
R. – Credo
che i media debbano saper scegliere, perché se non scelgono il terrorismo li usa.
Questo era vero, però, anche con le Brigate Rosse. Le Brigate Rosse uccidevano per
far parlare di loro. Dobbiamo chiederci se dobbiamo stare al gioco, perché ogni volta
che si amplifica una loro azione, trovano nuova forza per farne un’altra. Io non ho
le indicazioni precise di come ci si debba comportare, ma certamente ci si deve chiedere
e ci si deve porre il problema. Come può essere che un tizio che è a capo di un gruppuscolo
di 50 persone possa accendere la miccia e far esplodere tutto? Perché la situazione
non dipende solo da lui. E’ come quando in una casa avviene una perdita di gas e la
casa è satura di gas: basta l’accensione di un interruttore per far esplodere tutto.
Ma se lo so, non posso esaltare chi preme l’interruttore, devo chiedermi cosa devo
fare, non lo posso lasciar fare.
D. – Secondo lei, quanto c’entra la
competizione tra i media, scatenata in questo periodo di crisi? Tv e giornali potrebbero
cercare la notizia sensazionalistica per fare ascolti, per catturare l’attenzione
dell’opinione pubblica...
R. – Il caso mette in evidenza come questo
non possa essere il criterio unico per gestire le informazioni. Io mi ricordo che
veniva enunciato il caso di come si è comportata la stampa inglese - dunque la stampa
che per tradizione rivendica la libertà - quando c’è stato lo sbarco di Dunquerke,
quando, in pratica, l’armata inglese era tutta sulla sponda francese. Se Hitler avesse
attaccato in quel momento sarebbe stata la fine di tutta l’armata inglese. I giornali
si sono ben guardati dal parlare di questa situazione, perché avrebbero esposto l’armata
in modo diretto e dato delle informazioni al nemico. Quindi, non c’è solo il principio
del correre dietro alla notizia, c’è il principio della responsabilità.
D.
– E’ possibile, secondo lei, parlare di un codice di condotta per i media in casi
come questi o comunque tentare di stabilire dei comportamenti da seguire, per evitare
questi cortocircuiti...
R. – Io penso che il mondo dei media debba chiederselo
e credo che il meccanismo presenti un preciso difetto. E’ come quando si scopre un
bug nel sistema dei computer: una volta scoperto, bisogna intervenire, perché è la
morte altrimenti. La soluzione credo che sia difficile da prendere, perché è costitutivo
dei media il rincorrere la notizia. Bisogna chiedersi per che cosa sta avvenendo e
porsi un limite. Quindi, chi è responsabile all’interno delle redazioni non può semplicemente
lasciar correre i redattori. Deve mettere un altolà.
D. – Anche se i
giornali e le televisioni avessero deciso di adottare un basso profilo nei confronti
di questa notizia, bisogna però anche riconoscere che nell’era di Internet ci sono
blog, siti web prontissimi a rilanciare ciò che i media tradizionali non pubblicano.
Quindi, in qualche maniera si torna al punto di partenza e il meccanismo diventa incontrollabile...
R.
– Questo è il problema, perché non è solo un problema di giornali e giornalisti, è
un problema del sistema di informazione che abbiamo messo in piedi. Ora, accorgersi
che c’è questo problema è già un primo passo verso un certo orientamento e poi credo
che le persone equilibrate non vadano a rincorrere tutti i siti pazzeschi che ci sono
in Internet. E’ importantissimo che prenda posizione in modo esplicito chi ha autorità.
La Chiesa cattolica e le autorità della Chiesa cattolica sono intervenute. Qui ci
sono dei valori da difendere: c’è il valore del rispetto reciproco, il valore che
la revisione non può essere funzionale o asservita al terrorismo.