Guatemala: il cardinale Quezada Toruño invita a una Giornata di preghiera per la
festa dell’indipendenza
In previsione della festa nazionale del Guatemala, che ricorrerà domani, 15 settembre,
l’arcivescovo della capitale, Città del Guatemala, cardinale Rodolfo Quezada Toruño,
domenica scorsa durante la messa, ha invitato tutti i guatemaltechi a fare di questa
giornata un momento di preghiera” in cui ciascuno possa offrire “il meglio che si
può per una nazione giusta, pacifica e riconciliata”. L’arcivescovo ha osservato anche
che al posto del tradizionale Te deum, alle ore 17, la cattedrale della città “accoglierà
tutti i fedeli per pregare insieme per la patria. Negli anni scorsi invitavo tutte
le massime autorità - ha osservato il porporato - ma le molte misure di sicurezza
che di prendevano per la circostanza, alla fine impedivano la partecipazione della
gente comune. Perciò quest’anno mons. Gustavo Mendoza guiderà una preghiera per la
nazione alla quale sono invitati tutti”. Secondo il cardinale Quezada Toruño, la preghiera
dei guatemaltechi, in un’ora così difficile per il Paese dovrebbe chiedere al Signore
“unità nazionale, tenendo presente sempre che la patria non è un concetto astratto,
bensì una realtà specifica e concreta. La patria - ha poi rilevato - è molte cose
insieme: la dimensione geografica, l’identità culturale, le dimensioni etica e culturale,
ma anche spirituale, all’interno delle quali, l’uomo e la donna del Guatemala, si
realizzano come persone”. Riflettendo sula storia del Paese, il porporato ha definito
l’indipendenza nazionale “relativa o non compiuta fintanto che alla comunità nazionale
non saranno incorporati gli indigeni nel rispetto dei loro valori, tradizioni, lingue
e culture”. Prima del congedo, l’arcivescovo di Città del Guatemala ha rinnovato l’appello
dei vescovi perché sia intensificata la solidarietà con le tante persone che in questi
giorni hanno perso tutto a causa delle piogge torrenziali e di numerose alluvioni.
Domani il Guatemala, celebrerà i suoi 189 anni di indipendenza, ottenuta 15 settembre
1821. Il Paese in questi anni ha attraversato molti momenti difficili e in numerose
occasioni il governo de facto ha bloccato il suo sviluppo democratico. Forse, però,
ciò che più ha ferito questa nazione, e le cicatrici sono tuttora visibili e non tutte
le ferite chiuse, è stata la terribile guerra civile tra il 1960 e il 1996. Il conflitto,
secondo l’Onu, ha lasciato un bilancio sconvolgente: 150mila morti, 50mila scomparsi,
un milione di rifugiati, 200mila minori orfani e 40mila vedove. (A cura di Luis
Badilla)