Turchia: vince il sì al referendum per la modifica della Costituzione
“Una svolta nella storia democratica del Paese”: cosi, il premier turco Recep Tayyip
Erdogan dopo la vittoria del "sì" al referendum di riforma costituzionale tenutosi
ieri. Stati Uniti ed Europa salutano con favore l’esito della consultazione che ha
registrato un’affluenza di circa il 77% dei 50 milioni di aventi diritto. Il 58% si
è detto favorevole ai 26 emendamenti della Carta Fondamentale proposti dal partito
del premier Akp. In sostanza si aumenta il numero dei componenti della Corte costituzionale
e del Consiglio superiore della magistratura, che saranno nominati non soltanto dai
giudici ma anche dal Parlamento e dal presidente della Repubblica. Inoltre sarà possibile
sottoporre i militari alla giustizia civile ed aumentano le garanzie per la privacy.
Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Maria Antonia Di Casola,
docente di Storia della Turchia all'Università di Pavia.
R. – Indubbiamente,
rientra tra le riforme che sono state auspicate dall’Unione Europea per l’ingresso
della Turchia, per completare quei parametri di Copenaghen che l’Unione Europea richiede
ai membri. Certo, la Turchia è un Paese particolare, nel senso che il sistema kemalista,
con il quale la Turchia repubblicana è nata nel 1923, ha costruito lo Stato sulla
laicità. Pilastri di questa laicità sono stati, nel corso del tempo, i militari e
la magistratura, più recentemente.
D. – Pilastri che adesso però vengono
pesantemente riformati...
R. – Questo sicuramente. Quello che teme l’opposizione
è che, ripartita con maggior rigore nell’ambito del partito Repubblicano del popolo,
il vecchio partito di Mustafa Kemal Atatürk, si teme che l’Akp, il governo moderatamente
islamico, che ha recuperato le radici islamiche del Paese, intenda imbrigliare il
potere di quelli che sono stati nel passato i pilastri della laicità.
D.
– Ma anche l’opposizione vuole una riforma della Costituzione?
R. –
Ma una riforma totale della Costituzione, per esempio, in cui la rappresentanza di
unità dei cittadini sia maggiormente garantita. I partiti politici per essere espressi
in Parlamento devono oggi avere una soglia del 10 per cento. Ci si batte per una maggiore
democratizzazione, con l’abbassamento di questa soglia di rappresentatività.
D.
– Il premier Tayyip Erdoğan ha comunque ribadito: “Questo voto rappresenta
una svolta verso la democrazia”...
R. – Tecnicamente, è sicuramente
una riforma in senso democratico, ma è un laboratorio quello che abbiamo di fronte.
Bisogna sempre ricordare l’anomalia turca, per cui i colpi di Stato - così detti in
Turchia - fatti dai militari, sono stati sempre interventi per rimettere in carreggiata
il meccanismo democratico del Paese. I militari si sono sempre ritirati. Quindi, in
passato, con i loro interventi hanno svolto una funzione di garanzia della democrazia.
E’ un Paese anomalo.
D. – In pratica, bisognerà vedere come si svilupperà
il voto del referendum?
R. – Esatto. Penso che come in altre occasioni
la Turchia sia un laboratorio. Non sarebbe la prima volta. Potrebbe essere di esempio
per i Paesi islamici nel percorso della piena democrazia.