L’arcivescovo di San Salvador richiama l’attenzione sul pericolo delle “maras”
Dopo i gravi fatti di violenza che ha vissuto giorni fa El Salvador, in particolare
la capitale, a causa di una paralisi di 72 ore del trasporto pubblico ad opera delle
bande giovanili cosiddette “maras”, il Paese stenta a tornare alla normalità. L’arcivescovo
di San Salvador, ha parlato con i giornalisti della situazione, esprimendo gravi preoccupazioni
per la scoperta di tre grossi barili pieni di dollari e al tempo stesso per le nuove
minacce delle “maras” contro commercianti e autotrasportatori. A suo avviso, sono
tutti segni di un’attività ostile allo Stato democratico, che deve richiamare l’attenzione
dell’opinione pubblica e delle autorità sul grado di pericolosità che hanno raggiunto
questi gruppi. Le ultime iniziative di queste bande, e in particolare lo sciopero
“imposto” con la forza, hanno uno scopo preciso e pubblicamente dichiarato: che il
presidente della Repubblica, Mauricio Funes non firmi la legge contro le bande giovanili
che dominano e devastano interi quartieri in diverse città. “Il governo deve indagare
a fondo - ha detto mons. Escobar Alas - e mettere in campo tutte le risorse necessarie
per arrivare a conclusioni precise e certe. Se per caso non avessimo le capacità adeguate
per queste indagini, si dovranno chiedere il sostegno e l’aiuto internazionale adeguati”.
L’arcivescovo di San Salvador ha chiesto ancora una volta un piano organico e complessivo,
una legge ben strutturata, per combattere ogni forma di violenza: legge che si potrebbe
concepire anche come un impegno fra tutte le nazioni centroamericane perché il fenomeno
delle “maras” esiste in tutta l’area, come recentemente hanno detto i vescovi del
Guatemala e dell’Honduras. Il pericolo che rappresentano questi gruppi, molto ben
finanziati da altre bande “amiche” che operano negli Stati Uniti e in Europa (Italia,
Francia e Spagna) ormai è una sfida regionale. Mons. Escobar Alas è voluto intervenire
anche sul caso del missionario spagnolo padre Antonio Rodríguez che, nel corso dello
sciopero imposto dalle “maras”, ha letto il comunicato di queste bande contenente
le loro richieste al governo. Secondo l’arcivescovo, il sacerdote ha commesso un errore
di valutazione, ritenendo opportuno leggere questo testo, ma, ha detto, “questo suo
errore non giustifica che oggi lui sia criminalizzato poiché non ha nulla da spartire
con questi gruppi e svolge un buon lavoro nell’ambito della Pastorale giovanile”,
e certamente non era e non è un portavoce di gruppi violenti. “Ha agito a titolo personale
e non in rappresentanza della Chiesa”, ha chiosato l’arcivescovo. (L.B.)