Proclamato Beato il cappuccino Leopoldo da Alpandeire, frate “delle piccole cose”
È stata celebrata oggi a Granada, in Spagna, la cerimonia di beatificazione di fra
Leopoldo da Alpandeire Marquez Sánchez, dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, morto
nella città andalusa all’età di 92 anni, nel 1956. Di nascita contadina, insieme alla
terra coltivò da subito la virtù del distacco dai beni materiali e quando indossò
il saio ricoprì per molto tempo l’incarico di elemosiniere. La celebrazione è stata
officiata da mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei
Santi. Ascoltiamo quanto ha detto in questo servizio di Roberta Barbi.
“Carità,
umiltà e devozione mariana sono i tratti distintivi della sua santità. Tutti i testimoni
affermano che fra Leopoldo aveva un cuore d’oro. Come frate questuante, riceveva dai
buoni l’elemosina materiale, dando in contraccambio la carità della sua bontà, della
sua serenità, del suo consiglio. Questa sua grande carità era accompagnata da una
straordinaria umiltà, che gli permetteva di correggere il prossimo, soprattutto i
bestemmiatori”.
Un uomo permeato dallo Spirito di Dio, fra Leopoldo
da Alpandeire Marquez Sánchez, che fece sua l’ammonizione di San Francesco “poiché
l’uomo quanto vale davanti a Dio, tanto vale e non più”. Per lui, l’essere questuante
tra gli uomini, significava incarnare la domanda dell’uomo che va alla ricerca di
Dio, quel Dio che è stato la sua unica passione per tutta la vita, e al quale si dedicò
completamente quando una frattura alla gamba gli impedì di uscire dal convento. Ma
fu il contatto con gli uomini che ebbe grazie all’incarico di elemosiniere, il suo
mezzo per raggiungere la santità: a chi gli faceva l’elemosina, donava la recita di
tre Ave Maria, il suo modo per dispensare a tutti la bontà divina, la sua elemosina
dell’amore:
“Le tre Ave Maria erano il suo Magnificat. Le tre Ave Maria
avevano la missione di cambiare l’acqua del dolore e della tristezza nel vino del
conforto e della gioia. Davanti alle mille domande e richieste di ogni genere, la
risposta di fra Leopoldo non consisteva in molte parole, ma era semplice e concreta:
caro fratello, cara sorella, recita con fede tre Ave Maria alla Divina Pastora”.
Un
uomo semplice, che ha raggiunto la santità nelle piccole cose: la sua conversione
non fu clamorosa, non costituì per lui un cambiamento radicale; non brillava per il
suo sapere, non ha mai lasciato il convento per diventare missionario in terre lontane,
ma proprio per questo, forse, un esempio che tutti sentono più vicino, che tutti possono
capire. E la gente di Granada, in mezzo alla quale questo frate si confondeva, oggi
come allora gli è profondamente grata:
“La Chiesa, quando parla di bontà
non insegna un’idea astratta di bene, ma offre esempi concreti di donne e di uomini
buoni, nei quali si può contemplare lo splendore della bontà. Fra Leopoldo era un
giusto che, irradiando carità e umiltà, rendeva possibile una convivenza più umana
nella Granada del suo tempo. I santi sono il valore aggiunto della nostra civiltà.
Senza i santi una città è come un cielo senza sole e una notte senza stelle. I santi
ossigenano l’atmosfera della nostra terra con il profumo della loro carità”.