Afghanistan: ucciso leader della guerriglia mentre si torna a parlare di negoziati
tra governo e insorti
In Afghanistan le forze internazionali hanno ucciso un importante leader della guerriglia
che pianificava attentati in vista delle elezioni parlamentari della settimana prossima.
Proprio per porre fine alle violenze si torna a parlare di negoziati tra governo e
talebani. La proposta viene direttamente dal presidente Karzai che ha invitato il
leader dei ribelli, Mullah Omar, a sedersi al tavolo dei colloqui, affinché possa
terminare ogni conflitto ed essere avviato un proficuo processo di pace nel Paese.
Sulla possibilità che questo avvenga, Giancarlo La Vella ha intervistato Simona
Lanzoni, responsabile dei progetti in Afghanistan della Fondazione Pangea Onlus:
R. - Sembra
essere l’unica via d’uscita malgrado tutto il lavoro che comunque si è cercato di
fare per controbilanciare tutta la questione dei diritti umani. Non è la prima volta
che Karzai cerca di rilanciare il dialogo con i talebani. Ci sono state anche grosse
trattative con Hekmatyar, che è sempre legato al Pakistan e a tutta questa parte oscura,
che lega in maniera stretta il Pakistan all’Afghanistan. Quindi credo che sia una
cosa che prenderà sempre più corpo a detrimento di tutto quello che sono i diritti
e quello che è il benessere per la popolazione afghana.
D. – Un dialogo,
secondo te, possibile viste le differenze ideologiche così nette tra le parti?
R.
– Sì, anche perché Karzai sa benissimo che non si può più sganciare da questa visione.
Gli americani dicono che se ne vanno. Comunque le relazioni con la Nato, presente
attualmente in Afghanistan, si stanno sempre più deteriorando e non si vedono alternative
reali a possibilità di una vera costruzione di un Paese pacifico che rispetti dei
diritti.
D. - Voi da anni operate sul terreno afgano con i vostri progetti.
Vogliamo ricordare quello che è stato solo qualche anno fa il regime dei talebani?
R.
– I talebani, che hanno governato l’Afghanistan dal ’96 al 2001, hanno fatto le atrocità
peggiori sulla popolazione; uomini, donne e bambini, in particolare verso le donne,
dal taglio dei seni al fatto di obbligare le donne a vivere solo e soltanto dentro
casa e a non poter accedere a cure mediche. Quindi, hanno realmente distrutto ulteriormente
quello che era già una popolazione rovinata dalla guerra civile delle varie etnie,
che si era svolta all’inizio degli anni ’90. L’idea è appunto che i talebani possano
ritornare. A me ciò terrorizza, come terrorizza tutte quelle organizzazioni umanitarie
che hanno lavorato in Afghanistan, come Fondazione Pangea, in questi anni. Il nostro
progetto continua e questa è anche una motivazione per farlo continuare ancora di
più, perché possa realmente aiutare le persone al di là del governo che avranno.