L'arcivescovo di New York: contro la Bibbia il rogo del Corano
Gli Stati Uniti si apprestano a commemorare le vittime dell’attacco terroristico dell’11
settembre 2001. Un’occasione di preghiera e riconciliazione secondo l’arcivescovo
di New York, Timothy Dolan. Intervistato da Alessandro Gisotti, il presule
americano critica duramente la proposta della Giornata del rogo del Corano:
R. - Questo
non è buono! Questo è contro la Bibbia, questo è contro la pura religione e la pura
fede.
D. - Bruciare il Corano è un atto di violenza e un atto di divisione
in un giorno di memoria e di riconciliazione…
R. - Sì e specialmente
qui a New York. L’11 settembre rappresenta un giorno di memoria per tutti, per i cattolici,
per i musulmani, per gli ebrei. Noi ci ritroviamo insieme per un evento che ormai
è quasi una solennità a New York. E’ una festa di preghiera, è una festa di pace e
di giustizia. Tutta la città di New York è riunita per ricordare tutte le persone
che sono morte nell’attacco dell’11 settembre. Non è una giornata contro nessuno,
non è contro gli islamici: in questo momento noi siamo uniti e siamo uniti come figli
di Dio. L’11 settembre qui a New York rappresenta un ponte tra le religioni.
D.
- Si dice che New York non dorma mai. Ricorrenze come queste possano aiutare a raccogliersi,
a riscoprire i valori importanti della loro vita?
R. - E’ molto importante
per noi, qui a New York, e la nostra Cattedrale di San Patrizio durante tutte le Messe
per l’11 settembre è piena. Il prossimo sabato, 11 settembre, io andrò a Staten Island
e il parroco farà una celebrazione, perché molte delle vittime dell’attacco dell’11
settembre appartenevano proprio alla sua parrocchia. Tutta la parrocchia si ritrova
insieme e questa è un’occasione di preghiera. Tutti saranno uniti in questa giornata.
Non è una giornata di odio, ma è una giornata di amore, di fede, di speranza e di
preghiera.
D. - Mons. Dolan, le reazioni al progetto della moschea
vicino Ground Zero dimostrano - certo - che l’11 settembre è una ferita ancora aperta
per molti americani e soprattutto per i newyorkesi…
R. - La ferita è
sempre aperta, purtroppo, ma almeno tutti sono in dialogo. Ci sono tanti valori: qui
in America c’è il valore della libertà religiosa e c’è una grande tradizione di ospitalità,
specialmente nei riguardi di tutti gli immigrati. Questo è un valore americano, questo
è un valore cattolico, questo è un valore della nostra Chiesa. Certo, c’è ancora molto
dolore e la gente, specialmente qui a New York, specialmente coloro che hanno perso
membri della famiglia, dice: “Abbiamo molto rispetto della comunità islamica, ma per
favore, abbiamo bisogno di un po’ di pazienza, di tempo. Forse avere questo tempio
troppo vicino alle Twin Tower rappresenta una decisione troppo rapida, proprio perché
la ferita è ancora aperta. Abbiamo ancora bisogno di tempo per curare questa ferita,
perché questo luogo è per noi quasi una “nuova Lourdes” in America, perché ci sono
tante lacrime ed è per noi un luogo di preghiera, un luogo per sperare nel futuro,
per immaginare quando non ci sarà più guerra e violenza.