Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio: oltre un milione di morti all'anno
Si celebra oggi la Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, un appuntamento
che mira a sensibilizzare l’opinione pubblica su questo delicato tema che coinvolge
in prima persona le famiglie. Il prof.Maurizio Pompili, psichiatra
esperto nella prevenzione del suicidio, docente presso l’Università La Sapienza di
Roma e referente per l’Italia dell’International Association suicide prevention, al
microfono di Eliana Astorri spiega come agire per salvare il maggior numero
possibile di vite umane.
R. – Fare
il conto su quello che si è fatto e quello che si può fare per arginare un fenomeno
grave di sanità pubblica con oltre un milione di morti nel mondo ogni anno. La società
nella sua totalità ha il dovere di confrontarsi con un sistema difficile, è vero,
ma, allo stesso tempo, fondamentale per prevenire delle morti che non avverrebbero.
Queste persone vogliono vivere assolutamente, ammesso che qualcuno li aiuti a venir
fuori da una sofferenza così estrema che la maggior parte di noi non riesce a comprendere
e, quando il poter sostenere tale sofferenza viene meno, il suicidio viene visto come
la migliore soluzione per liberarsi da un tormento estremo.
D. – Professor
Pompili, è un comportamento umano alle volte meditato nel tempo, altre volte improvviso...
R.
– Nella maggior parte dei casi il soggetto fa un dialogo con se stesso per un lungo
periodo di tempo, a volte settimane, mesi o addirittura anni. L’elemento che porta
all’atto letale è necessariamente un elemento impulsivo, aggressivo, per vincere l’istinto
di sopravvivenza, per ledere quel corpo che ci è così prezioso normalmente. Il dialogo
avviene passando in rassegna tutte le opzioni per confrontarsi con il dolore mentale
insopportabile che il soggetto sperimenta. Ovviamente non vorrebbe suicidarsi, toglie
dalla mente il suicidio, ma il suicidio ritorna come migliore soluzione laddove le
altre opzioni sono fallite. Noi possiamo aiutare questi individui ad ampliare le opzioni
disponibili alleviando quel dolore, fornendo anche una prospettiva nel futuro. Questi
soggetti non vedono prospettiva futura e, dunque, laddove gli affetti sono logorati,
laddove il lavoro non dà più piacere, laddove la vita non ha futuro, il suicidio viene
considerato una soluzione. Possiamo aiutarli anche con diversi rimedi come la psicoterapia,
il sostegno umano, come può essere nell’ambito anche della psicoeducazione, confrontando
questi soggetti con altri soggetti che si trovano nelle stesse situazioni o anche
con dei farmaci che riducono quella componente di angoscia e di ansia, di irritabilità
che si accompagna al dolore mentale insopportabile. Quindi, abbiamo molti rimedi,
possiamo fare molto per poter salvare delle vite umane. E’ ovvio che anche i familiari
hanno un ruolo importante per riconoscere quando il soggetto si isola dagli amici,
dagli affetti, non dorme, mangia poco, trascura l’aspetto fisico, dice chiaramente:
la vita non vale più la pena di esser vissuta, vorrei morire, vorrei essere morto,
penso al suicidio. I familiari non dovrebbero mai sottovalutare questi messaggi.
D.
– Depressione e suicidio sono strettamente collegati?
R. – Direi generalmente
no, anche se la depressione ha un ruolo importante. Fortunatamente la maggior parte
dei depressi, anche in modo grave, non si suicida. Questo ci segnala che non c’è una
prevalenza così diretta tra i due fenomeni.(Montaggio a cura di Maria Brigini)