La Comunità di Sant'Egidio presenta l'Incontro internazionale della pace di Barcellona
Con Barcellona 2010 si chiude un decennio difficile, di recrudescenza del terrorismo,
di crisi sociale ed economica. Da Barcellona quindi si riparte per un decennio nuovo,
in cui le religioni potranno giocare un ruolo non secondario in un processo di pacificazione
globale. La comunità di Sant’Egidio ha presentato così la 24ma edizione dell’Incontro
internazionale della pace che quest’anno, dal 3 al 5 ottobre, si svolgerà nel capoluogo
catalano. 30 gli incontri di questo appuntamento che vedranno alternarsi esponenti
di tutte le religioni, personalità politiche e della cultura a livello mondiale. Francesca
Sabatinelli ha intervistato Mario Marazziti, portavoce di Sant’Egidio:
R. - Abbiamo
bisogno di aprire un decennio nuovo e questo decennio nuovo ha una via sola: quella
del dialogo. Dal luogo della crisi, la Spagna, della crisi economica e della crisi
sociale in un Paese di grande modernizzazione e modernità, io credo che nasca un percorso
dove le religioni scoprono la risorsa di lavorare di più insieme, anche per essere
meno irrilevanti nel mondo della globalizzazione. L’economia ha bisogno degli uomini
e delle donne di religione o comunque di persone che pensano in modo spirituale ed
umano al bene comune, perché c’è una crisi profonda, morale, disorientata dentro l’economia.
Tutto questo - direi - segna un decennio in cui, mentre cresce l’Asia e quindi la
Cina, l’India, considerati ormai i futuri giocatori nel mondo, io credo siano lanciate
le religioni ed anche il messaggio delle necessità di un dialogo e lo lancia anche
alle società civili.
D. - Come vi ponete di fronte a continue provocazioni,
tra pochi giorni - ad esempio - sarà l’11 settembre e dagli Stati Uniti arriva quella
di bruciare il Corano…
R. - Abbiamo i fondamentalismi che non sono,
purtroppo, solo patrimonio dell’Islam: ci sono fondamentalismi terribili anche all’interno
del mondo cristiano. I fondamentalisti sono sempre stupidi e fanno sempre cose stupide,
quando non fanno cose pericolose, violente o terribili. Mi auguro che tutto questo
rientri. C’è un grande percorso, un solco di dialogo tra cristiani, musulmani ed ebrei
ed è quello dal quale viene la gran parte della stabilità del mondo. Io credo che
non si debba assolutamente cedere a queste provocazioni.
D. - Torniamo
a Barcellona. Tra gli argomenti principali, il Pakistan: una tragedia immane che ha,
però, suscitato poca commozione e partecipazione. Perché, secondo voi?
R.
- Il Pakistan sconta il fatto anzitutto di essere un luogo non del grande turismo
mondiale e sconta il fatto che il numero assoluto delle vittime sembra piccolo rispetto
al mondo, ma in realtà questo è sbagliato perché ci sono 20 milioni di persone che
sono praticamente annichilite e che per un decennio, forse due decenni, verranno martirizzate
e dove colera ed epidemie faranno molte più vittime e dove in realtà se il mondo -
e il mondo tutto - non interviene in maniera umana, intelligente, robusta e costante,
è un modo di regalare di nuovo agli estremisti e ai fondamentalisti, ai vari talebani
del mondo una carta che dice: “vedete non gliene importa niente di noi, dobbiamo fare
a modo nostro, perché quello è il mondo di satana”. Io credo che il Pakistan debba
diventare patrimonio del mondo.
D. - Quindi insieme al Pakistan, cos’altro
a Barcellona?
R. - Ci sarà il Medio Oriente: penso che ci sarà un passaggio
del dialogo israelo-palestinese con due ministri - uno israeliano ed uno palestinese
- che hanno confermato la loro presenza. Questa pagina potrebbe quindi rappresentare
un passaggio dentro al dialogo ufficiale, che è in corso tra Abu Mazen e il governo
israeliano. Penso alla presenza dell’Islam con 16 Paesi; penso al Patriarcato di Mosca
e al Metropolita Ilarion, che sarà presente e che rappresenta un qualcosa che potrebbe
essere utile alla simpatia e alla vicinanza tra la Chiesa cattolica e il Patriarcato
di Mosca; penso all’America Latina e a cosa possa dare al mondo; penso ancora all’Africa,
che vedrà la presenza del presidente dell’Unione Africana, e ci saranno due Paesi,
il Kenya e la Guinea Conakry, che dopo fatti di violenza ed una guerra civile vivono
ora una fase di transizione democratica e per la quale la Comunità di Sant’Egidio
ha lavorato. Forse la società civile fa poco notizia, ma la pace si costruisce così!