Proteste in tutta la Francia contro le politiche di Sarkozy in materia di previdenza
e immigrazione
Stato d’agitazione generale oggi in Francia contro la riforma pensionistica. Secondo
i sindacati, sarebbero due milioni i manifestanti scesi in piazza nelle maggiori città
transalpine. Si tratta di un altro tassello, oltre a quello delle espulsioni dei rom,
nelle questioni che stano mettendo in difficoltà il presidente Sarkozy. Sulle dimostrazioni
di oggi, da Parigi, Francesca Pierantozzi:
In attesa
di sapere quanti francesi avranno risposto all’appello dei sindacati, mai così uniti
nell’opporsi alla politica del governo, cominciano ad arrivare le cifre degli scioperi.
Particolarmente colpito il settore dei trasporti, con treni, metro, autobus e collegamenti
aerei fortemente perturbati. Forte anche la risposta degli insegnanti con molte scuole
chiuse per sciopero. Chiamati a protestare anche i lavoratori della sanità, della
funzione pubblica, delle poste, ma anche del settore privato. La protesta arriva proprio
mentre i deputati dell'Assemblée nationale si accingono ad esaminare
la proposta di legge del governo, che prevede di alzare l’età pensionabile da 60 a
62 anni, entro il 2018. La manifestazione di oggi è stata preceduta da una serie di
proteste contro la politica di Sarkozy, soprattutto per quanto riguarda la lotta alla
criminalità e all’immigrazione clandestina. Polemiche hanno in particolare provocato
l’espulsione di rom e la riforma del codice della nazionalità, che prevede la revoca
della cittadinanza ai francesi di origine straniera che attentano alla vita di un
membro delle forze dell’ordine.
Ma le conseguenze politiche delle recenti
prese di posizione dell’Eliseo si sono fatte sentire anche in ambito europeo, dopo
il recente irrigidimento in materia di scurezza ed immigrazione che ha portato all’espulsione
dalla Francia di un migliaio di rom e al progetto di legge per la revoca della cittadinanza
ai cittadini di origine straniera che si siano macchiati di particolari reati. Sulla
situazione politica francese, l'opinione di Massimo Nava, corrispondente da
Parigi del Corriere della Sera, intervistato da Stefano Leszczynski:
R. - In questo
momento, è chiaro che tutto il quadro politico guarda all’attualità e alla difficile
situazione sociale ed economica del paese, ma in prospettiva sono le elezioni del
2012 ad attirare l’attenzione. E’ evidente che tutta questa situazione va decisamente
contro Sarkozy.
D. – Per quanto riguarda l’attuazione della riforma
delle pensioni, Sarkozy la considera una priorità irrinunciabile. E’ cosi?
R.
- E’ un discorso legato al fatto che la Francia è quella che è più in ritardo rispetto
alle riforme attuate in vari Paesi europei. Non tanto sul piano strutturale, ma proprio
sul principio dell’età pensionabile che in Francia è ancora - e questo sin dai tempi
di Mitterrand - a 60 anni. Tutto questo viene considerato incompatibile con il sistema
francese attuale, con i costi di gestione del sistema stesso e, quindi, con la possibilità
alla fine di pagarle queste pensioni. C’è da dire che buona parte dei diversi ambienti
sindacali in passato avevano già accettato la prima riforma - quella cioè dell’equiparazione
tra dipendenti pubblici e dipendenti privati - ed oggi sembrano esserci segnali di
apertura. Il fatto, quindi, dello sciopero generale sembra proprio un prezzo da pagare
alla trattativa. D’altra parte, per Sarkozy è un test decisivo, perché è chiaro che
se facesse marcia indietro anche sulle pensioni, dopo aver in qualche modo annacquato
tutta una serie di altri provvedimenti riformatori, il bilancio sarebbe ulteriormente
negativo e scompenserebbe ancora di più le sue prospettive di rielezione.
D.
- Un altro ambito sul quale il governo mantiene una certa rigidità è quello relativo
alla sicurezza e all’immigrazione, che ha suscitato tante polemiche nelle ultime settimane…
R.
- Nella sostanza, c’è da dire che la direttiva e questi rimpatri di rom, visti alla
fine caso per caso, non si discostano molto da direttive europee, come da proposte
e situazioni che sono all’ordine del giorno anche in casa nostra. In Francia, c’è
sicuramente una politica di accoglienza e di integrazione che continua a far invidia
a molti Paesi europei, ma qui c’è stato certamente un colpo di freno, che - secondo
me - è molto più simbolico che sostanziale, perché alla fine si tratta anche qui di
accontentare, o sedurre, o recuperare quegli strati popolari che si rivolgono non
più a sinistra, ma al Fronte Nazionale, proprio perché si sentono minacciati da una
immigrazione fuori controllo.
D. - In questo caso, come va letto l’appello
di Barroso, che ha fatto un richiamo abbastanza forte a quelli che sono i principi
anche di accoglienza e tolleranza dell’Europa?
R. - Si tratta di inviti
a - come dire - non "debordare" da una serie di principi. Bisogna poi vedere nella
sostanza cosa cambierà e cosa si farà davvero.