Fondazione Giovanni Paolo II: "Lo sport si deve fermare davandi alla morte di un pilota"
“Che modello di sport è quello che non si ferma davanti alla morte di uno dei suoi
protagonisti in gara? Che sport è quello che festeggia i ‘vincitori’ nell’indifferenza
totale verso chi, qualche momento prima, ha perso la vita proprio in quella competizione?”.
Se lo domanda Edio Costantini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo
sport, intervenendo oggi sulla morte del pilota giapponese Shoya Tomizawa avvenuta
domenica a Misano durante una gara di motociclismo. Per Costantini, riferisce l'agenzia
Sir, “la gara del motomondiale si doveva fermare” e il fatto che sia proseguita “dimostra
che il cuore dei mercanti dello sport spettacolo non si commuove nemmeno di fronte
alla morte di un suo atleta”. Inoltre, prosegue il presidente, “si sa che il motociclismo
è una competizione rischiosa” e “lo accettano i motociclisti, lo accettano gli organizzatori”
ma “nel momento in cui il rischio si verifica, bisogna fermare la competizione” perché
si tratta di “una questione etica”. “Riconoscere il valore della persona umana, il
senso della vita e della morte – conclude Costantini -, significa avere a cuore il
valore educativo dello sport e il rispetto verso la dignità dell’uomo”. (R.P.)