2010-09-06 14:19:46

L' arcivescovo di Lahore: Pakistan prostrato da alluvioni e terrorismo


“Facciamo del nostro meglio, in questo momento molto difficile per la nazione. Alla furia delle alluvioni si unisce l’incubo del terrorismo: due calamità che ci colpiscono al cuore. C’è grande sofferenza nella popolazione per entrambi questi mali. Come cristiani continuiamo a operare per l’assistenza degli sfollati, a dare una parola di speranza e a pregare”: è quanto dichiara all’agenzia Fides mons. Lawrence Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, all’indomani del nuovo attentato che ha colpito il Pakistan nordoccidentale. “C’è una chiara strategia: approfittare della tragedia che investe il Paese. Il governo è in un momento di debolezza e deve far fronte a questa emergenza, nonché a polemiche e malcontento. L’esercito è impegnato a contribuire alle operazioni di aiuto e di protezione civile. I terroristi vogliono sfruttare questa opportunità per rialzare la testa e portare un attacco alla nazione, già prostrata”: spiega padre Mario Rodrigues, direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan, dopo il terzo attentato terroristico che in pochi giorni ha scosso la nazione. Padre Mario descrive la situazione: “La distesa di acqua che copre a vista d’occhio le campagne è impressionante. I profughi chiedono aiuto disperatamente, le madri piangono i propri bambini dispersi. L’assistenza alle vittime è molto difficoltosa, data l’assenza di strade. Credo che il Paese, per riprendersi da questo disastro avrà bisogno di almeno due anni. Ed è più che mai necessario l’aiuto internazionale, ad ogni livello, perché con le sole forze interne non è possibile far fronte a tutte le urgenze e le necessità”. Raccontando gli sforzi dei soccorritori, padre Rodrigues spiega: “Attualmente si cerca di portare i profughi in salvo nelle grandi città come Karachi e Lahore. Non sono pessimista: la speranza cristiana non manca e vedo tante braccia impegnate nella solidarietà, senza barriere e senza frontiere. Ma contiamo sull’aiuto di tutti e sulla mobilitazione delle comunità cristiane nel mondo”, conclude. (R.P.)







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