L' arcivescovo di Lahore: Pakistan prostrato da alluvioni e terrorismo
“Facciamo del nostro meglio, in questo momento molto difficile per la nazione. Alla
furia delle alluvioni si unisce l’incubo del terrorismo: due calamità che ci colpiscono
al cuore. C’è grande sofferenza nella popolazione per entrambi questi mali. Come cristiani
continuiamo a operare per l’assistenza degli sfollati, a dare una parola di speranza
e a pregare”: è quanto dichiara all’agenzia Fides mons. Lawrence Saldanha, arcivescovo
di Lahore e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, all’indomani del
nuovo attentato che ha colpito il Pakistan nordoccidentale. “C’è una chiara strategia:
approfittare della tragedia che investe il Paese. Il governo è in un momento di debolezza
e deve far fronte a questa emergenza, nonché a polemiche e malcontento. L’esercito
è impegnato a contribuire alle operazioni di aiuto e di protezione civile. I terroristi
vogliono sfruttare questa opportunità per rialzare la testa e portare un attacco alla
nazione, già prostrata”: spiega padre Mario Rodrigues, direttore delle Pontificie
Opere Missionarie in Pakistan, dopo il terzo attentato terroristico che in pochi giorni
ha scosso la nazione. Padre Mario descrive la situazione: “La distesa di acqua che
copre a vista d’occhio le campagne è impressionante. I profughi chiedono aiuto disperatamente,
le madri piangono i propri bambini dispersi. L’assistenza alle vittime è molto difficoltosa,
data l’assenza di strade. Credo che il Paese, per riprendersi da questo disastro avrà
bisogno di almeno due anni. Ed è più che mai necessario l’aiuto internazionale, ad
ogni livello, perché con le sole forze interne non è possibile far fronte a tutte
le urgenze e le necessità”. Raccontando gli sforzi dei soccorritori, padre Rodrigues
spiega: “Attualmente si cerca di portare i profughi in salvo nelle grandi città come
Karachi e Lahore. Non sono pessimista: la speranza cristiana non manca e vedo tante
braccia impegnate nella solidarietà, senza barriere e senza frontiere. Ma contiamo
sull’aiuto di tutti e sulla mobilitazione delle comunità cristiane nel mondo”, conclude.
(R.P.)