La libertà religiosa al centro del Congresso dei laici dell’Asia, conclusosi oggi
Con una solenne celebrazione eucaristica, si è concluso stamani il Congresso dei laici
cattolici dell’Asia, ospitato da Seoul, in Corea del Sud. A presiedere la Messa, nella
cattedrale della città, è stato l’arcivescovo di Seoul, cardinale Nicholas Cheong
Jinsuk. Tanti i temi trattati dal Congresso, dedicato alla proclamazione di Cristo
in Asia. Ma qual è stata la questione più rilevante dei lavori? Isabella Piro
lo ha chiesto al cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio
per i Laici, che ha organizzato l’evento:
R. - Attualmente
il problema più grave - segnalato da molti delegati al Congresso - riguarda la limitazione
o addirittura la negazione della libertà religiosa e il fondamentalismo integralista
che generano delle vere e proprie persecuzioni religiose. In Asia oggi purtroppo ritornano
i martiri. Molti cristiani asiatici vivono impauriti perché minacciati. Questo Congresso
è stato un’occasione provvidenziale per esprimere nei loro confronti la nostra solidarietà
e la nostra profonda comunione nella fede. Inoltre, per molti partecipanti, questo
Congresso è stato come una salutare boccata di ossigeno, un dono di speranza: “Non
siete soli e dimenticati, la Chiesa universale è con voi”. C’è da dire, però, che
la vita della Chiesa in Asia non è fatta solo da problemi e sfide! Nonostante le molteplici
difficoltà, la Chiesa in Asia vive e cresce, diventa sempre più missionaria. E questo
è stato motivo di grande gioia per tutti i partecipanti. Ecco dunque la grande consegna
di questo Congresso a tutti i fedeli laici dell’Asia: essere messaggeri significativi
e persuasivi della vera e grande speranza, Gesù Cristo!
D.
- Parliamo di dialogo interreligioso: qual è il ruolo dei laici in un contesto come
quello asiatico, in cui il fondamentalismo è in crescita?
R.
- Il contributo dei fedeli laici in questo ambito è addirittura indispensabile! Essi
si trovano in prima linea, impegnati laddove vivono, in una specie di “dialogo di
vita quotidiana”. La testimonianza di una carità evangelica, capace di chinarsi in
maniera disinteressata su ogni sofferenza umana - indipendentemente dall’appartenenza
religiosa - e l’apertura alla collaborazione costruttiva per il bene comune delle
comunità locali di appartenenza possono fare veramente dei miracoli! Durante il Congresso
abbiamo ascoltato molte testimonianze in questo senso. Vale la pena sottolineare che
non deve esserci contrapposizione tra l’annuncio di Cristo e il dialogo con le altre
religioni: occorre, infatti, che questi due elementi mantengano il loro legame intimo
e, al tempo stesso, la loro distinzione, per cui non vanno né confusi, né strumentalizzati,
né giudicati equivalenti come se fossero intercambiabili.
D.
- Possiamo comunque dire che il bilancio di questo Congresso è un bilancio positivo?
R. - Questo Congresso è stato veramente un grande dono
per tutta la Chiesa che vive e svolge la sua missione in Asia. Credo che ciascun delegato,
al termine di questo Congresso, sia più forte nella speranza, più ricco di amore per
la Chiesa che vive in questo continente, più impegnato nella sua missione. Molti hanno
scoperto con una chiarezza nuova la bellezza di essere cristiani. Allora, questo Congresso
non può terminare qui, ma deve continuare come fermento evangelico nella vita di tutti
i partecipanti.