Il cardinale Rylko al Congresso di Seoul: l'evangelizzazione è la ragion d'essere
della Chiesa
Ultime battute, oggi, per il Congresso dei laici cattolici dell’Asia, ospitato da
Seoul, in Corea del Sud. Domani la Messa conclusiva nella Cattedrale della città,
al termine della quale tutti i partecipanti riceveranno un mandato missionario per
l’evangelizzazione in Asia. A chiudere i lavori, stamani, è stato l’intervento del
cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, che ha
organizzato il congresso. Ce ne parla Isabella Piro:
Speranza:
è stato questo il denominatore comune del Congresso, ha detto il cardinale Rylko.
E questa speranza ha un nome, quello di Dio, l’unico capace di sconfiggere lo “smarrimento
profondo” e “il nichilismo pratico” di cui è vittima l’umanità postmoderna. La grande
missione dei cristiani in Asia, allora, ha ribadito il porporato, è quella di annunciare
la speranza al continente, soprattutto là dove viene negata la libertà religiosa,
perché “l’evangelizzazione non è un’attività accessoria, bensì la ragion d’essere
della Chiesa”. Ma bisogna fare attenzione, ha sottolineato il cardinale Rylko: evangelizzare
non significa ridurre tutto ad un piatto dialogo o ad una semplice opera di promozione
umana. No: evangelizzare significa guardare a tre “leggi fondamentali”, ricordate
in passato più volte dall’allora cardinale Ratzinger. La prima è la legge dell’espropriazione,
che ci dice che evangelizzare “non è mai un affare privato, perché dietro c’è sempre
Dio e c’è la Chiesa”. La seconda norma riguarda l’umiltà: come un granellino di senapa,
chi annuncia il Vangelo deve essere umile e solo così saprà reagire allo scoraggiamento
che può colpire l’impegno missionario. Infine, la terza legge ci ricorda l’importanza
dei martiri, coloro che, come il chicco di grano, muoiono per portare frutto.
Poi,
il cardinale Rylko si è soffermato sul tema dell’inculturazione del Vangelo ed ha
ribadito che, lontana dal sincretismo, la fede non si identifica con alcuna cultura,
ma, al contrario, è capace di impregnare ogni cultura. Centrale anche la questione
della formazione, diritto-dovere dei laici e in cui è sempre più importante “la presenza
e il contributo delle donne”. Bando ad una certa “mentalità clericale”, ha sottolineato
il porporato, la formazione dei laici deve avvenire soprattutto nelle parrocchie,
“vere palestre di vita cristiana”, e nei “movimenti ecclesiali”, purché siano “inseriti
con umiltà nella vita delle Chiese locali”.
Ultimo punto trattato dal
cardinale Rylko, quello della santità, che “non è un’utopia, ma l’affascinante traguardo
che Cristo prospetta a tutti i battezzati”. “I santi sono grandi maestri di vita cristiana
– ha detto il porporato – Ci infondono il coraggio di scommettere tutta la nostra
vita su Dio e ci sfidano ad uscire da una mediocrità che ci rende inclini ai compromessi
con la cultura laicista dominante”. Infine, il ringraziamento finale del cardinale
Rylko è andato alle comunità cristiane sofferenti, quelle più povere o private della
libertà religiosa: a loro, il Congresso ha espresso vicinanza ed amore, ribadendo
che la Chiesa non le ha abbandonate, ma anzi le pone in una posizione privilegiata.
Sugli
interventi della giornata ascoltiamo padre Bernardo Cervellera, direttore di
AsiaNews, raggiunto telefonicamente a Seoul da Sergio Centofanti:
R. - Direi
che sono stati degli interventi realisti e insieme pieni di entusiasmo. Anzitutto
il discorso finale del cardinale Rylko è stato molto preciso ed ha sottolineato, pur
nella fatica che obiettivamente molte comunità cristiane qui in Asia fanno, l’entusiasmo
nel testimoniare la fede e nel portare proprio l’annuncio cristiano. E’ stato molto
preciso su questa questione: l’annuncio va fatto, ma non in opposizione al dialogo,
perchè chi vuole annunciare Gesù Cristo sa anche come dialogare. E questo proprio
per sgominare un po’ i timori o la presenza magari di un certo relativismo sostenuto
da qualche teologia un po’ deviata qui in Asia, basata sul fatto che non bisogna annunciare
Gesù. Si è, invece, riconfermato che i popoli dell’Asia cercano davvero la soluzione
ai loro problemi e la cercano proprio nella fede cristiana. Tutti questi laici, anche
rappresentanti, hanno molto sentito questo conforto alla loro missione e alla loro
testimonianza quotidiana. L’altro elemento - secondo me - molto, molto importante
è che tutti sono coscienti della grandezza e della povertà che c’è nelle Chiese dell’Asia:
la grandezza proprio per il grande compito che hanno in un continente che è veramente
diventato il centro del mondo ed è, quindi, in preda a rivoluzioni copernicane molto
importanti. Ormai veramente il centro del mondo si sta spostando qui e, quindi, i
cristiani che fanno parte dell’Asia devono affrontare nuove problematiche economiche,
nuove problematiche politiche, rivolgimenti sociali enormi. In tutto questo, pur essendo
un piccolo gregge, comprendono che di poter portare un contributo effettivo, importante
e risolutivo per tutti i problemi dell’Asia.
D. - Che bilancio si può
fare di questi giorni di Congresso?
R. - Questi giorni di Congresso
sono stati anzitutto un sostegno alla missione dei laici cattolici in Asia. Questo
piccolo gregge, questo piccolo seme diffuso da tutte le parti di questo continente
con queste piccolissime comunità - c’erano, ad esempio, le comunità del Turkmenistan,
che sono 300 cattolici in questo Paese sterminato; le comunità del Kazakhstan oppure
piccole comunità sperdute in qualche villaggio dell’India - è stato confortato dal
fatto che vivono anzitutto una missione importante e, in secondo luogo, che la vivono
in comunione con tutta la Chiesa universale. Questo del conforto della Chiesa universale
è stato anche qualcosa che ha dominato un po’ tutti i lavori, proprio perché molti
di questi cristiani e molti di questi laici sono perseguitati proprio a causa della
fede. Allora percepire l’aiuto, il sostegno e l’unità con la Chiesa universale è qualcosa
che li fa decidere ancora per continuare questa loro missione. Allo stesso tempo tutti
coloro - e questo è stato detto da tantissimi partecipanti ed anche dal cardinale
Rylko e dai vari rappresentanti - che ascoltano le testimonianze di quanti sono perseguitati,
traggono conforto e decisione nella loro missione. Credo che un altro elemento più
interno alla Chiesa che va sottolineato è come sia sempre più chiaro che i laici hanno
una missione indispensabile ed unica, che non è semplicemente a sostegno delle strutture
ecclesiastiche, ma è veramente quella di essere lievito all’intero della “pasta del
mondo” e, quindi, di entrare in tutte le situazioni sociali, politiche, economiche
e caritative del mondo e dentro queste portare l’annuncio della fede, portare la loro
testimonianza.