Il cardinale Ruini a Cernobbio per parlare della “sfida educativa”
Il presidente del Comitato per il progetto culturale della Cei, cardinale Camillo
Ruini, è intervenuto ieri a Cernobbio alla 36.ma edizione del workshop Ambrosetti
“Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive”. “La vera sfida educativa
sta nell’inserire nell’educazione alcuni fondamentali che posso apparire fuori dal
nostro tempo”, ha esordito il porporato, ricordando che spesso anche Benedetto XVI
ha parlato di “emergenza educativa”, intendendo con questo una “crisi di lungo periodo,
profonda e sempre più acuta che investe il concetto stesso e la possibilità dell’educazione
intesa come formazione della persona”. La crisi è tale perché investe innanzitutto
due delle principali agenzie educative: la famiglia e la scuola. Il cardinale, come
riporta l’agenzia Sir, ha poi orientato il suo discorso sulla crisi della cultura
e in particolare dell’antropologia, della concezione e interpretazione dell’uomo:
“Il fattore più profondo e determinante dell’attuale emergenza educativa”. Il porporato
è partito nella sua riflessione dalla scissione tra il mondo oggettivo o della razionalità
e il mondo soggettivo o emotivo, dei sentimenti e degli affetti: “Solo la prima sfera
– fa notare – sarebbe di pertinenza dell’educazione scolastica, fuori dall’ambito
educativo resterebbe il mondo degli affetti”. Il progresso scientifico supera tale
scissione e riduce tutte le espressioni della scena emotiva, compresa la libertà,
a puri processi cerebrali, come tali riproducibili artificialmente. Sull’origine dell’emergenza
educativa tornano ancora in aiuto le parole di Benedetto XVI, nei discorsi e nella
lettera sull’educazione rivolta alla diocesi di Roma nel 2007-2008, che il cardinale
spiega così: “Tale origine è individuata nella dittatura del relativismo che toglie
ogni certezza e ogni sicuro punto di riferimento”. Infine il porporato propone i suoi
fondamentali: “Voler bene alla persona da educare e testimoniare questo bene con il
nostro comportamento; non evitare le domande e cercare di tenere insieme la disciplina
con l’accettazione del rischio della libertà”. (R.B.)