2010-09-02 15:20:59

Al Festival di Venezia il film "Miral", storia difficile di una bambina in Medio Oriente


“Miral” del regista americano Julian Schnabel è in concorso oggi a Venezia e esce domani sugli schermi italiani: non ci sono giorni migliori per offrire al pubblico la storia vera e difficile di una bambina in Medio Oriente raccontata nel libro, parzialmente autobiografico, “La strada dei fiori di Miral” della giornalista palestinese Rula Jebreal, dal quale il film è fedelmente tratto. Il servizio di Luca Pellegrini: RealAudioMP3

Nel giorno in cui a Washington eterni belligeranti si ritrovano per parlare nuovamente di pace, Julian Schnabel, con intuito d’artista e cinematografica profezia, arriva in concorso a Venezia con Miral che sugli inapplicati accordi di Oslo del 1993 distende i suoi titoli di coda. E’ rimasto a suo tempo colpito e affascinato, il regista americano nonché pittore che ha al suo attivo la fama di un bizzarro carattere, dal libro autobiografico che la giornalista palestinese Rula Jebreal ha scritto, inserendo le sue personali vicende e esperienze nei fatti tragici che avvolgono il Medio Oriente dal 1948 al 1994. Un mondo fatto di terra arida, acqua preziosa, secolari rivalità, molto sangue versato su entrambi i fronti, cumuli di odio e di rabbia e pochissime sacche di speranza. Un mondo in cui Schnabel, nel corso delle riprese, dice di essere stato testimone “della lotta tra l’umanità e l’ideologia”. Miral, la protagonista, il cui nome è quello di un fiore rosso assai comune che cresce spontaneo e numeroso in Palestina, ha soli sette anni quando la si incontra per la prima volta. Sono i suoi occhi – quindi gli occhi di Rula che, come lei afferma, possono raccontare soltanto ciò che si è visto perché in Medio Oriente non esiste spazio per l’immaginazione – occhi prima di bambina, poi di adolescente e di donna, che ci aiutano a scoprire la storia, tutta vera, attraverso altre donne, palestinesi e israeliane. Un sicuro pregio, questo dell’aspetto femminile della carità e della guerra, della passione e della lealtà. Donne che vivono e soffrono per concedersi almeno il sogno di un futuro vivibile, anche per le generazione a venire. Così si scopre la meravigliosa parabola di Hind Husseini, scomparsa nel 1994, che incontra cinquant’anni prima cinquanta orfani sulla strada di Gerusalemme, prima avvisaglia dei tempi che saranno e, come una samaritana buona, li porta a casa con sé e fonda poi un convitto femminile, la sua eredità, ancora oggi attivo, credendo nell’istruzione come via indispensabile al dialogo, ossia credendo nella purezza dei bambini. Anche se le crepe dell’ostilità si insinuano in tutte le mura ed è difficile, proprio lì, nutrire ogni giorno i cuori di questo ideale. Tanti altri personaggi accompagnano Miral verso la maturità, verso il dolore, verso l’amore e l’odio, attraverso l’Intifada, l’illusione, il carcere, la perdita delle persone care, verso l’Italia, ricollegandosi questo nome di finzione a quello vero della sua creatrice. Eccessivamente autocelebrativo sul finire, meno graffiante e inaspettato rispetto ad altri film cui Schnabel ci ha abituati, forse per la delicatezza, anche politica, del tema trattato e per il rispetto alla verità di una vita, “Miral” è diretto con ragione e sentimento e potrebbe essere un buon inizio proiettarlo in questi giorni alla Casa Bianca.







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