Testimonianza dal Myanmar: un prete birmano racconta la difficile situazione del Paese
Un Paese segnato da povertà e da continue restrizioni. Ma anche uno Stato dove il
forte sentimento religioso alimenta il seme della riconciliazione e la speranza in
un miglioramento delle condizioni di vita. E’ il profilo che un sacerdote birmano
ha tracciato del suo Paese, il Myanmar, al recente Meeting di Rimini. L’intervista
è di Luca Collodi:
R. – Noi
stiamo attraversando pagine tristi della nostra storia, pagine simili a quelle della
storia di alcuni Paesi europei, di altri Paesi asiatici o di Paesi dell’Est. Viviamo
una fase in cui, senza l’aiuto della comunità internazionale, le cose potranno andare
solo peggio. Mi piacerebbe pensare ad una transizione pacifica che aiuti tutte le
parti del Paese. Mi piacerebbe vedere la prosperità prima del cambiamento. Se il cambiamento
avviene in una situazione di povertà e di miseria e di malcontento, come quella che
stiamo vivendo, ci saranno conflitti tra le parti. Quando invece la gente avrà casa,
lavoro, cibo, pace e sicurezza, qualsiasi cambiamento potrà avvenire in un clima segnato
dalla tranquillità. Se andiamo a vedere nelle chiese, nei templi buddisti o nelle
moschee, sono tutti pieni di gente che va a pregare. In Birmania ci sono tante cose
che non si possono ottenere, nemmeno con i soldi! Per esempio, non si può viaggiare
liberamente nel mondo. Nemmeno un birmano molto ricco può viaggiare: ci sono tante
altre cose di cui ha bisogno …
D. – In Birmania ... nel Myanmar, c’è
il rischio di una guerra civile?
R. – Se non troviamo una soluzione
di riconciliazione, non vedo una prospettiva positiva per noi: questo Paese e questo
popolo soffrono ormai da molti anni! Dobbiamo pensare al bene della popolazione. Non
vorrei vedere in Birmania quello che è accaduto in Iraq o in Afghanistan, o in Paesi
come la Jugoslavia, la Bosnia e Serbia. Questo – sinceramente – non lo vuole nessuno!
Vogliamo vivere in pace, anche se siamo poveri!
D. – Quale è la situazione
della Chiesa?
R. – La Chiesa in Birmania è una Chiesa di minoranza:
siamo soltanto l’1 per cento della popolazione. Siamo una Chiesa che però vive veramente
la fede: abbiamo vocazioni! Avere un figlio sacerdote o una figlia in un ordine religioso
rappresenta ancora un valore molto stimato dai genitori delle famiglie cattoliche.
D.
– Voi come vedete la vita fuori dal vostro Paese?
R. – Vediamo benessere
o qualche miglioramento nei Paesi a noi vicini; però, non possiamo negare che ci siano
anche problemi nelle società più sviluppate, più evolute …
D. – Qual
è il messaggio ad un Paese occidentale, come l’Italia, all’Europa?
R.
– Non dimenticateci, perché stiamo vivendo un periodo molto difficile e anche venendo
nel nostro Paese come turisti potete vedere con i vostri occhi e quindi sensibilizzare
altri.