Sudan. I Gesuiti: i politici accettino i risultati del referendum sull'indipendenza
del Sud
Il Servizio Gesuita per i Rifugiati (Jrs) ha rivolto un appello alle autorità del
Nord e del Sud Sudan a risolvere pacificamente le loro divergenze, quale che sia l’esito
del referendum per l’autodeterminazione del 9 gennaio 2011. In base agli accordi di
pace siglati nel 2005 per porre fine al ventennale conflitto tra il governo di Khartoum
e gli indipendentisti del Sud (il ‘Comprehensive Peace Agreement’), il referendum
dovrà decidere sull’indipendenza della parte meridionale del Paese, a maggioranza
cristiana, dal Nord prevalentemente musulmano. Il rischio paventato anche dai vescovi
e dalle altre Chiese cristiane è che i risultati della consultazione possano non essere
accettati dalle parti. Per questo il Jrs chiede che continui il sostegno comunità
internazionale per garantire il pieno adempimento dell’accordo. Molte sue clausole
non sono state ancora messe in pratica e questo rischia di compromettere i sia pure
timidi progressi realizzati in questi cinque anni verso il ritorno alla normalità.
Dalla firma del Cpa ad oggi – riferisce Jrs Dispatches - circa 320mila rifugiati e
50mila profughi interni (Idp) sudanesi hanno fatto rientro nelle proprie case. Ricostruire
queste comunità – sottolinea la newsletter - non è stata un’impresa facile. A tale
impresa il Jrs, che durante il conflitto aveva fornito assistenza nei campi profughi
in Uganda e Kenya, ha contribuito con la ricostruzione di scuole, programmi di formazione
per insegnanti, la fornitura di materiale didattico, la promozione dell’istruzione
delle bambine, ma soprattutto con iniziative tese a rendere queste stesse comunità
capaci di prendersi carico del proprio sistema educativo. (L.Z.)