Comece: sì alla protezione degli animali ma non a spese della vita umana
Occorre promuovere la protezione degli animali, ma non a spese della vita umana. E’
quanto ribadisce la Commissione episcopati comunità europea (Comece) in una nota diffusa
ieri nella quale si ricorda che il prossimo 8 settembre l’Assemblea plenaria del Parlamento
europeo si pronuncerà in seconda lettura su un progetto di direttiva sulla protezione
degli animali utilizzati a fini scientifici. “Alcuni animali – si legge nella nota
ripresa dal Sir – vengono impiegati nella ricerca scientifica per lo sviluppo dei
farmaci e la valutazione di tossicità chimica, eco tossicologia e sicurezza di prodotti
(pesticidi, additivi alimentari, cosmetici e altre sostanze) che presentano potenziali
rischi per la salute umana”. Uno degli obiettivi della direttiva è sostituire i test
sugli animali con test alternativi che tuttavia, prosegue la nota dei vescovi, “potrebbero
includere test sulle cellule staminali embrionali umane ottenute tramite la distruzione
di embrioni umani”. Di qui la profonda preoccupazione della Comece, in particolare
per una disposizione del progetto, secondo cui “gli Stati membri potrebbero essere
obbligati a utilizzare questi test”. Il Progress Report 2009 “Strategie di test alternativi”
della Commissione europea offre esempi di strategie di test alternativi attualmente
in sviluppo. “Su un totale di 21 - fa notare la Comece – 5 utilizzano cellule staminali
embrionali umane”. Tecnologie che “hanno ricevuto il sostegno finanziario dell’Ue
attraverso il sesto e il settimo Programma quadro di ricerca”. Pur concordando con
la necessità di proteggere gli animali, la Comece richiama “la differenza fondamentale
tra la dignità degli animali e quella degli esseri umani”. Per questo, in linea con
le sue precedenti dichiarazioni, la Commissione dei vescovi chiede ai membri dell’Europarlamento
di “escludere in modo esplicito dai metodi di test alternativi obbligatori, nel contesto
di tale direttiva, i metodi che implicano l’impiego di cellule staminali embrionali
umane”. Un approccio che consentirebbe di “promuovere le numerose altre strategie
di test alternativi sulle quali c’è ampio consenso”. (A.L.)