2010-09-01 15:00:55

Al via il Festival del Cinema di Venezia


Nella storica sala Grande al Lido di Venezia, dinanzi ancora alla voragine dei lavori per il nuovo Palazzo del Cinema di cui si paventano le sorti, si apre questa sera, per la prima volta alla presenza del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, la 67.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: ottima rappresentanza internazionale, più attenzione agli autori che alla superficiale vacuità dei nomi o all’imposizione di interessi commerciali, forse anche alcune sorprese e, si spera, nessuna casalinga polemica. Il servizio di Luca Pellegrini:RealAudioMP3

Si scoprirà questa sera, con il film che è stato scelto per la cerimonia inaugurale veneziana, che il palcoscenico ove corpi eterei e ben allenati piroettano e vestono tutù, non è quel luogo di delizie e grazia che la danza classica ci porta a sognare: Black swan di Darren Aronofsky parte dalla leggenda incantata del cigno bianco e del cigno nero, così trasfigurata da Tcaikovsky, per addentrarsi nei lati più oscuri e insidiosi dell’animo, cogliendo paure e gelosie di artisti e non solo. Ma se l’onore dell’apertura, quando sarà anche presentata la giuria presieduta dall’estroso e imprevedibile Quentin Tarantino, è stato dato così all’America, quest’anno assai presente al Lido ma con opere legate più all’indipendenza e all’autorialità che alla produzione glamour hollywoodiana, e se il mondo, tutto il mondo, è assai ben rappresentato nelle decine di titoli nelle diverse sezioni, un dato non è sfuggito a coloro che la Mostra veneziana la conoscono a fondo: tra lungometraggi, medi e corti, i film italiani sono in totale ben quarantuno. C’è chi, per questo, è arrivata a definirla una mostra autarchica, chi ha sollevato problemi economici o condizionamenti politici, per giustificare il dato. Abbiamo chiesto un parere a Gloria Satta, responsabile delle pagine culturali e di spettacolo del “Messaggero”, profonda conoscitrice di festival cinematografici.

“E’ impossibile che una mostra in Italia non tenga presente la realtà del cinema italiano. Del resto, anche a Cannes la presenza francese è fortissima, a Berlino i film tedeschi sono numerosi. Non trovo che ci sia motivo di scandalizzarsi, trovo anzi che sia un'ottima trovata da parte della Mostra perché è una fotografia della situazione attuale del cinema italiano che ha moltissime anime, che ha parecchie potenzialità, alcune espresse, alcune in via di espressione, alcune ancora da esprimere e, quindi, è giusto che la Mostra ne tenga conto. Definirla, poi, mostra “autarchica” mi sembra un po’ riduttivo; ci sono film da tutto il mondo, sono più di trenta Paesi rappresentati. Quindi, limitarsi alla presenza italiana, mi sembra un po’ ingeneroso”.

In concorso quattro registi italiani: Ascanio Celestini, Saverio Costanzo, Mario Martone e Carlo Mazzacurati. Quattro stili diversi, quattro anime del cinema. Cosa rappresentano in una vetrina internazionale come la Mostra?

“Dalle premesse sembra che sia una rappresentazione molto ricca delle varie anime del cinema italiano. C’è il grande affresco storico che è quello di Martone che rivisita il Risorgimento. Siamo in area di celebrazioni del centocinquantenario dell’unità d’Italia, quindi, è assolutamente pertinente. Abbiamo Mazzacurati che racconta una storia drammatica in cui sono in ballo i sentimenti. Abbiamo Costanzo che rifà uno dei titoli della letteratura italiana più fortunati degli ultimi anni, “La solitudine dei numeri primi”: è una storia dura, una storia di giovinezza difficile. E Celestini, da quel che sappiamo, affronta un tema fortissimo come la malattia mentale e il manicomio”.

Nella sezione Controcampo italiano troviamo ben nove registe: una presenza femminile significativa.

“Mi sembra un dato molto significativo, molto incoraggiante. E’ vero che il cinema è fatto da uomini e da donne e meno male che almeno la Mostra di Venezia se ne accorge e le prende in considerazione. Devo dire che era ora che il cinema si accorgesse che ci sono tante donne che hanno molte cose da dire”.

Il cinema italiano riflette, inoltre, sulla sua storia: oltre alla curiosa retrospettiva dedicata al comico e ai suoi protagonisti e all’omaggio, con la preapertura di ieri sera in Campo San Polo a Venezia, a Vittorio Gassman a dieci anni dalla scomparsa, Giuseppe Tornatore ricorda, con un originale ritratto, un grande produttore, Goffredo Lombardo, la cui vita è stata segnata da indimenticabili sfide – basti pensare al Gattopardo viscontiano – da profondi dolori e una provata fede cristiana. Quale valore ha questo documentario?

“La grande crisi del cinema italiano ha coinciso con la sparizione dei grandi produttori. Quindi, dietro le fortune e l’edificazione del cinema italiano ci sono delle grandissime figure di produttori, non lo dimentichiamo. Quindi, l’omaggio di Tornatore a un grandissimo come Goffredo Lombardo è quanto di più doveroso si possa immaginare. Non é soltanto un tributo scontato, una celebrazione tra le tante: è veramente l’inchino della cultura, non solo italiana, ma mondiale, a un personaggio di rilievo grandissimo”. (Montaggio a cura di Maria Brigini)







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