La visita di Gheddafi in Italia, occasione per riflettere sul rapporto tra Europa
e islam
Sta per concludersi la visita in Italia del leader libico, Muammar Gheddafi, in occasione
delle celebrazioni del secondo anniversario del Trattato di amicizia italo-libica.
Hanno suscitato vasta eco, in particolare, le parole pronunciate da Gheddafi nella
sede dell’Accademia libica di Roma: “L’Islam - ha detto il leader libico - dovrebbe
diventare la religione di tutta Europa”. Ma quanto è realistica l’ipotesi un forte
radicamento dell’islam in Europa? Fabio Colagrande lo ha chiesto a don Andrea
Pacini, consultore della Commissione per i Rapporti con i musulmani presso il
Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso:
R. – L’Europa
è oggi talmente attraversata da una cultura tendenzialmente relativista che ritengo
vi sia poco spazio, se non in dimensioni di nicchia, per un islam che si presenta
con un’osservanza delle norme, della sharia. Mi pare molto in contraddizione
con lo spirito europeo di ieri, ma certamente ancora di più di oggi.
D.
– Però, l'idea della possibile islamizzazione dell’Europa circola da tempo nel Vecchio
Continente, e forse in una chiave di strumentalizzazione politica…
R.
– Credo ci siano effettivamente, anche in Europa, delle componenti dell’islam legate
all’immigrazione, che pensano in maniera attiva a un’estensione del comportamento
islamico all’interno della società europea. D’altra parte, però, questa non è certamente
una tendenza generalizzata all’interno della popolazione di origine musulmana presente
in Europa, perché ci sono forse tendenze, persino più forti, anche di secolarizzazione,
all'interno della popolazione islamica. Soprattutto nelle seconde e terze generazioni.
D.
– Quindi, Gheddafi in qualche modo rappresenta una cultura islamica spaventata dalla
secolarizzazione?
R. – Credo che Gheddafi certamente tema la secolarizzazione.
Ma, nello stesso tempo, non bisogna nemmeno dimenticare che Gheddafi all’interno del
mondo musulmano rappresenta un po’ se stesso. E’ noto come abbia anche inaugurato,
ormai da anni, un’interpretazione dell’islam che, ad esempio, si concentra esclusivamente
sul Corano. Esclude invece la Sunna che invece per l’islam tradizionale è a tutti
gli effetti un altro pilastro del dogma religioso. Quindi, questa “boutade” di Gheddafi
credo voglia essere un modo di confermarsi o di cercare di vedere confermato un proprio
ruolo di leadership anche all’interno del mondo musulmano, che è molto variegato.
Un mondo in cui c’è una competizione piuttosto forte tra molti poli, come quello pakistano,
quello dell’Arabia Saudita, dell’Iran. Poli con i quali Gheddafi, peraltro, ha rapporti
spesso di forte tensione.
Le parole del leader libico sono un invito a
riflettere sull’attuale società multietnica europea. Una società che deve garantire,
anche in ambito religioso, un confronto segnato dal rispetto reciproco e dal mantenimento
dell’identità confessionale. E’ quanto sottolinea il prof. Paolo Branca, docente
di lingua araba e islamistica all’Università Cattolica di Milano:
R. – Che
l’Europa stia diventando plurale è un fatto non soltanto per la presenza dei musulmani,
ma anche per altre tradizioni religiose che erano assenti o molto minoritarie nel
passato. Io non vedo in questo, però, un pericolo immediato di conversioni di massa.
Certamente, il fatto demografico potrà incidere sul lungo periodo, ma si nota che
pure tra gli immigrati il numero di figli tende a decrescere, anche per ragioni economiche.
E poi perché non vedo, sinceramente, masse di italiani pronte ad abbracciare la religione
islamica in toto. Il confronto tra diverse tradizioni religiose, che si può avere
oggi nella nostra società plurale, può essere anche di stimolo perché ciascuno recuperi
una consapevolezza più profonda, più critica, anche, della propria e dell’altrui tradizione
religiosa nel rispetto, nella conoscenza reciproca, pur conservando le proprie peculiarità
e differenze.
Sulla visita di Muammar Gheddafi in Italia, Massimiliano
Menichetti ha chiesto un commento a mons. Domenico Mogavero, vescovo di
Mazara del Vallo e presidente del Consiglio della Conferenza episcopale italiana per
gli affari giuridici:
D. - Al di
là delle polemiche, delle strumentalizzazioni e delle letture di parte, io credo che
comunque la visita abbia dei risvolti positivi: che ci si incontri, ci si veda, ci
si conosca di più questo io lo reputo fortemente costruttivo. Ho apprezzato particolarmente
alcuni accenti che Gheddafi ha avuto nei confronti del Mediterraneo, quando ha parlato
di un mare che unisce, di un mare che dovrebbe essere ponte tra i popoli e un mare
di pace e di dialogo.
D. – Gheddafi ha ribadito anche: serve un finanziamento
di cinque miliardi di euro alla Libia, altrimenti l’Europa potrebbe diventare l’Africa,
potrebbe diventare "nera" come se ci fosse invasione …
R. – Ma io credo
che, intanto, bisogna escludere qualsiasi tentazione di terrorismo psicologico che
metta in allarme noi europei, particolarmente sensibili su questo versante. Non credo
che ci sia pericolo di un’invasione. Però, convinciamoci di una cosa: le migrazioni
sono una costante della storia. Oggi, diciamo che ha piuttosto un carattere di natura
umanitaria, perché chi fugge dalla propria terra lo fa o perché va in cerca di libertà
o perché vuol migliorare la propria vita, o perché non si sente molto al sicuro nella
sua terra:pensiamo ai perseguitati politici … Che tutto questo, però, venga bollato
ed etichettato come ‘manovre del racket’, mi sembra veramente estremizzare il problema.
L’Europa – checché ne dica Gheddafi – non rischia di diventare un’Europa "nera".
D.
– Comunque, di fondo, un problema esiste…
R. – Certamente, il problema
va affrontato. Non può essere lasciato all’improvvisazione o alle strategie di un
singolo Stato. Che l’Italia sia rimasta un po’ sola, rispetto all’Unione Europea,
a gestire questo problema, questo è grave. La prima cosa da fare per rispondere a
Gheddafi è, intanto, una concertazione a livello europeo per non farsi dettare condizioni
solo di carattere economico, per disciplinare in modo rispettoso della persona e dei
diritti umani un fenomeno che oggi ha molteplici aspetti e molteplici sfaccettature.
D.
– Chiedere cinque miliardi di euro per evitare un’immigrazione non gradita mette sul
piatto di scambio la persona, l’immigrato…
R. – Questo è tristissimo:
trasformare una sciagura umana, una emergenza umana, in una merce di scambio o in
una richiesta risarcitoria è un po’ troppo. Qui, la palla passa all’Europa, perché
se l’Europa non si muove e se pensa di tamponare questo problema solo con i respingimenti,
ha buon gioco Gheddafi il quale – giocando sulle nostre paure o sulle nostre fragilità
istituzionali – alza il prezzo obbedendo ad una legge di mercato: la domanda e l’offerta.
Allora, lui dal suo punto di vista può giocare questa carta, ma spetta all’Europa
respingere questa proposta e attrezzarsi in maniera giuridicamente più corretta e
umanitariamente più dignitosa.