2010-08-31 15:45:53

Da oggi l’Iraq è sovrano e indipendente: così il premier iracheno saluta le ultime truppe combattenti Usa


Il presidente statunitense, Barack Obama, sancirà questa sera con un discorso alla nazione la data simbolica della fine delle operazioni di combattimento in Iraq, dopo sette anni di presenza nel Paese. Da oggi, le truppe Usa in Iraq sono meno di 50 mila unità e la loro missione è quella di consigliare e sostenere l’esercito iracheno. Il premier iracheno al Maliki ha detto che l’Iraq ora è sovrano e indipendente”. Ma qual è la situazione in questo momento nel Paese? Linda Giannattasio lo ha chiesto a mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk dei Caldei:RealAudioMP3

R. – E’ una situazione di attesa con tanta attenzione. Tutti aspettano che cosa accadrà dopo la partenza degli americani. C’è paura dappertutto, perché finora il nuovo governo non è stato formato. Dunque, tutti adesso hanno paura che i terroristi estremisti rientrino e controllino le città. C’è una grande tensione, un vuoto politico e insicurezza. Gli americani hanno cambiato il regime, ma poi che cosa è successo...

D. – Di cosa avete bisogno, quanto è necessaria la presenza della comunità internazionale?

R. – Abbiamo bisogno di una sicurezza, stabilità interna Ma anche l’impatto dei Paesi vicini è molto grande e dunque va rispettata l’unità nazionale irachena e anche l’identità di un Paese.

D. – Questa sera, ci sarà il discorso di Obama e con questo discorso si segnerà la fine delle operazioni di combattimento in Iraq, lei cosa pensa di questo?

R. – Non si sa realmente quanti andranno via e quanti rimarranno. E’ una decisione irresponsabile, secondo me. Sono venuti per la democrazia e così ci lasciano dopo sette anni, senza realizzare tutto ciò che hanno detto.

D. – Lei ha ribadito che il ritiro statunitense aumenta la paura degli iracheni per una guerra civile…

R. – Perché sia l’esercito che la polizia sono stati formati in maniera settaria, sono gruppi etnici. Dunque, la fedeltà non è alla nazione, alla patria, ma è una fedeltà politica, e questo crea problemi. Poi, soprattutto, c’è purtroppo una tendenza anche psicologica che spinge per la divisione, sia al nord sia al sud. Non si sa, quindi, se saremo una federazione o altro. Ci sono poi tanti fattori anche all’estero e la frontiera dell’Iraq non è protetta, non ha la possibilità di proteggere le frontiere e quando gli americani andranno via chi potrà proteggere le frontiere? Allora gli altri potranno rientrare di nuovo e fare tutto ciò che vogliono.

In Pakistan, nuove aree inondate anche se la situazione generale migliora
Nonostante la piena dell'Indo stia lentamente regredendo, oggi nuove aree della provincia del Sindh sono state inondate. Secondo quanto riferiscono i media locali, una nuova breccia in uno sbarramento ha causato l'allagamento di un centinaio di villaggi nel distretto di Badin. La Marina militare pakistana è al lavoro per portare in salvo la popolazione. L'area si trova a est di Thatta, la storica città evacuata quattro giorni fa e scampata alle inondazioni. Dopo aver flagellato negli ultimi dieci giorni il bacino dell'Indo e minacciato la metropoli di Hyderabad, la piena sta confluendo lentamente nel mare Arabico. Rimane però l'emergenza per otto milioni di alluvionati, che secondo l'Onu hanno disperato bisogno di cibo, acqua pulita e medicine. Stamattina, il direttore dell'Unicef, Anthony Lake e quello del Pam, Josette Sheeran, hanno visitato un campo di accoglienza degli alluvionati nella provincia del Punjab. Insieme al responsabile dell'Unesco, Irina Bokova, e all'inviato speciale dell'Onu, Jean-Maurice Ripert, terranno una conferenza stampa a Islamabad nel pomeriggio per fare il punto sulla crisi.

Netanyahu partito per Washington: giovedì riprendono i negoziati mediorientali
Tutto pronto a Washington per i colloqui diretti israelo-palestinesi, interrotti dopo l'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza a fine 2008 e fortemente voluti dall’Amministrazione americana. Il presidente Obama incontrerà in un primo momento separatamente il premier israeliano, Nethanyahu, il leader palestinese, Abu Mazen, il presidente egiziano, Mubarak, ed il re di Giordania, Abdullah II. Giovedì prossimo, invece, sono previsti i colloqui diretti tra le delegazioni israeliana e palestinese, sotto l'egida del segretario di Stato americano, Hillary Clinton. Ma cosa si può attendere da questa fase di ripresa dei negoziati? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Giorgio Bernardelli, esperto di questioni mediorientali:RealAudioMP3

R. - Quello che si aprirà fra poche ore è l’inizio di un percorso che sarà molto lungo. La stessa Hillary Clinton ha poco fa che l’attesa è di una serie di incontri che dovrebbero fare chiarezza. E' evidente, le incertezze sono tante.

D. - Netanyahu insiste sulla sicurezza e sul riconoscimento di Israele come Stato ebraico e Abu Mazen, da parte sua, non intende trovare un punto di incontro sulla colonizzazione in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Come concilierà gli Stati Uniti queste posizioni?

R. - Il test sugli insediamenti è il test più importante: su questo punto l’autonomia palestinese non è disposta a cedere, perché rappresenta una questione sostanziale rispetto al futuro del Medio Oriente. Dall’altra parte, però, neanche Netanyahu può cedere, perché nel momento in cui dovesse prolungare questo blocco - che è stato dichiarato per 10 mesi - il suo governo il giorno dopo andrebbe in frantumi. Come si esce da questo vicolo cieco? Probabilmente, il tentativo che Netanyahu farà sarà quello di dire che riprenderà la costruzione degli insediamenti, ma solo all’interno dei cosiddetti “blocchi”, che sono le colonie Cisgiordania più grandi, quelle che già in tutte le ipotesi precedenti di negoziato erano previste che finissero, nello status finale, dentro lo Stato di Israele, con delle compensazioni territoriali in altre zone.

D. - Il ministro degli Esteri israeliano, Liberman, ha deciso di restare in Israele, essendo scettico circa l’esito delle trattative. Questo vuol dire che ci sono anche divisioni interne importanti?

R. - Ci sono fortissime divisioni interne. Il pallino di questo negoziato lo ha in mano Barak e già questo rappresenta un fatto inconsueto. Questo è il risultato del governo assolutamente anomalo che c’è oggi in Israele e che è molto meno compatto di quanto sembri. Se questo negoziato dovesse andare avanti, difficilmente andrà avanti con questo governo, proprio perché le posizioni al suo interno sono inconciliabili.

Il regista iraniano Panahi condanna ogni uccisione parlando del caso Sakineh
“Non posso condividere condanne di questo genere. Sono contrario a ogni uccisione anche di fronte alla peggiore colpa”. A parlare è Jafar Panahi, il regista iraniano arrestato lo scorso anno e rilasciato dopo 83 giorni di detenzione, su cauzione, con l'accusa di girare un film sulle manifestazioni dell'Onda Verde, contro il regime di Teheran. Il regista, in due interviste ai quotidiani italiani Corriere della Sera e Repubblica, racconta di essere contrario alla condanna di Sakineh, la donna iraniana che rischia la lapidazione per adulterio, per la quale è partita una mobilitazione internazionale.

Venti anni fa la firma per la riunificazione della Germania
Nel 1990, la Germania firmava il Trattato per la riunificazione tedesca, uno dei momenti più importanti della storia recente del Paese, primo passo della fine della Guerra fredda. Oggi, anche all'interno del governo tedesco, c'è chi è disposto a riconoscere le lacune di un processo di integrazione non del tutto completato. Il servizio di Elisa Castellucci:RealAudioMP3

La Germania celebra la firma del Trattato che è stato preliminare alla caduta del Muro di Berlino. L’unità tedesca non è stata ancora completamente raggiunta, la disoccupazione ad Est è ancora preoccupante. A venti anni dalla firma del Trattato per la riunificazione, il cancelliere, Angela Merkel, dichiara che il processo di unità non si è ancora concluso e che la nazione presenta ancora molte differenze. La popolazione dell’ex Ddr continua ad emigrare verso le regioni dell’Ovest, in cerca di maggiore fortuna e lavoro. Il ministro dell’Interno, Thomas de Maizeire, riconosce le lacune della politica tedesca pos-Guerra fredda. “Con il senno di poi - dichiara - sarebbe stato meglio non trasferire l’intero sistema della politica della Germania occidentale alla Germania orientale tutto in una volta”. Ma le maggiori differenze si concretano oggi nel mondo del lavoro. Negli ultimi venti anni, la popolazione delle regioni orientali è scesa da 16 a 13 milioni circa. Quasi 4 (3,8) milioni di persone hanno scelto regioni come la Baviera, l’Assia e il Nord del Reno-Westfalia. Secondo le previsioni dell’Ufficio di statistica, nel 2030 gli abitanti dell’ex Ddr saranno circa 11 milioni. Oggi, si ricorda la firma del Trattato ma le celebrazioni per i vent’anni della riunificazione si terranno il 3 ottobre, il giorno in cui i territori dell’ex Ddr si trasformavano in Land, e si univano alla Repubblica Federale Tedesca.

Otto morti e un arresto eccellente per il narcotraffico in Messico
È salito a otto morti – un soldato, un civile e sei presunti narcotrafficanti – il bilancio del susseguirsi di scontri a fuoco ieri a Panuco, nello Stato messicano di Veracruz, tra forze dell'esercito e un gruppo di malavitosi provenienti dal vicino Stato di Tamaulipas, dove pochi giorni fa è stata trovata una fossa comune con 72 corpi di migranti uccisi dai narcos. Intanto, il capo di uno dei principali cartelli del narcotraffico messicano, Edgar Valdez, detto “la Barbie”, è stato arrestato. Valdez era uno dei luogotenenti più vicini ad Arturo Beltran Leyva, capo dell'omonimo cartello e terzo uomo più ricercato del Paese, ucciso il 16 dicembre 2009 durante un'operazione militare.

In Arizona i soldati della Guardia nazionale per controllare il confine col Messico
Sono giunti in Arizona i primi 30 soldati della Guardia nazionale destinati ad essere schierati al confine col Messico per bloccare i trafficanti e gli immigrati illegali. Sono oltre 500 i membri della Guardia nazionale attesi in Arizona. Dopo tre settimane di addestramento, i militari saranno dislocati di vedetta nelle zone preferite dai trafficanti per attraversare illegalmente il confine. I membri della Guardia nazionale saranno armati (“per autodifesa”), ma non avranno il potere di fare arresti. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Elisa Castellucci)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 243

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