Meeting di Rimini. Annunciato il tema del prossimo anno: "E l'esistenza diventa un'immensa
certezza"
Con quasi 800mila presenze e una crescita del pubblico e dei volontari dall’estero,
il bilancio della XXXI edizione del Meeting di Rimini è positivo, soprattutto tenendo
conto della crisi. Lo afferma il presidente del Meeting, Emilia Guarnieri, nella conferenza
stampa di stamani. Con l’incontro che ci sarà nel pomeriggio sul libro di don Giussani
“L’io rinasce in un incontro”, si chiude anche quest’anno la kermesse organizzata
da Comunione e Liberazione. Il servizio della nostra inviata Debora Donnini:
“E l’esistenza
diventa un’immensa certezza”. Il titolo del Meeting del prossimo anno, dal 21 al 27
agosto, annunciato in conferenza stampa, è in un certo senso il proseguimento ideale
dell’edizione 2010: “Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”.
Quasi 800mila le presenze, oltre 3mila i volontari, 29 le nazionalità presenti in
diverso modo, oltre 130 gli incontri. Senza dimenticare le otto mostre, i 35 spettacoli,
le tante presentazioni di libri. E che la kermesse di Rimini stia diventando ormai
una realtà sempre più internazionale è testimoniato anche dal fatto che a fine ottobre,
al Cairo, sarà realizzato un piccolo Meeting di due giorni, organizzato assieme ad
un centro culturale della capitale egiziana. Il Meeting, sottolinea la Guarnieri,
è un luogo dove succede qualcosa, dove quest’anno è stato documentato il desiderio
di cose grandi, di cambiamento, di ripresa dalla crisi, di esperienze positive. Tanti
i rappresentanti del mondo ecclesiale. Viene ricordato l’incontro fra il cardinale
Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, e il metropolita di Minsk e Sluzk,
Filaret, o quello del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio
per il dialogo interreligioso con il monaco buddista Habukawa e l’imam Oubrou. E ancora,
le riflessioni del giurista americano di religione ebraica Joseph Weiler. I grandi
manager, da Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, alla presidente
di Confindustria, Emma Marcegaglia. I tanti ministri del governo italiano e i rappresentanti
di Paesi esteri e dell’Ue, come il presidente della commissione Barroso. Scrittori,
giornalisti e scienziati, ma anche tante testimonianze come quelle dei volontari in
Africa e ad Haiti. Esperienze di perdono e speranza, come quella della vedova del
carabiniere morto a Nassirya, Margherita Coletta. Tra le otto mostre, commuove quella
dedicata alla scrittrice americana cattolica, Flannery O’Connor, che muore a soli
39 anni dopo una malattia rara e grave, il lupus, che a 25 anni la costringe ad abbandonare
la vita sociale. Si intitola “L’infinita misura del limite”. Flannery nella sua vita
e nei suoi racconti mostrerà come appunto il limite - la malattia per lei - sia in
realtà la prima esperienza dell’Infinito e che accettando questo limite si produce
una vita piena di senso, per lei tra l’altro lo scrivere libri. Diceva: “La vocazione
implica l’esperienza del limite”. Ma soprattutto, Flannery farà vedere come nelle
circostanze umane Dio non smette di operare con quelle che lei chiama “le intrusioni
della Grazia”. Non a caso il messaggio inviato dal Papa all’inizio del Meeting è stato
un invito a testimoniare “nel nostro tempo che le grandi cose a cui anela il cuore
umano si trovano in Dio”.
E tra i temi trattati ieri, la famiglia e la
crisi economica. Per il presidente dell’Istituto Opere di Religione del Vaticano,
Ettore Gotti Tedeschi, la causa principale della crisi è stato il crollo della crescita
demografica nei Paesi occidentali. Per uscirne bisogna ritornare a fare figli, in
una famiglia con padre e madre fondata sul matrimonio e far ritrovare all’uomo il
senso della vita. Ad intervenire ieri al Meeting anche Francesco Belletti,
presidente del Forum delle Associazioni Familiari. Debora Donnini gli ha chiesto
una riflessione sulle parole di Ettore Gotti Tedeschie sulle politiche familiari.
R. – E’ come
se avesse confermato la missione nativa del Forum delle Associazioni familiari, cioè
questa identità della famiglia forte, come responsabilità sociale, matrimonio maschile-famminile,
cose tutte discusse oggi nel dibattito culturale ma di cui siamo fermamente convinti:
sono punti di non-ritorno, questi. E poi, anche l’idea che la difesa della famiglia,
la difesa della natalità siano questioni di sviluppo economico. Non sono questioni
di assistenza, ma sono un punto di ripartenza di un sistema-Paese.
D.
– Gotti Tedeschi mette anche in luce il fatto che in Italia questa “crescita-zero”
degli ultimi 30 anni ha comportato molti problemi …
R. – Non è vero
che meno siamo, meglio stiamo; non è vero che meno siamo, più risorse dividiamo. E’
vero, invece, che la prima risorsa è il capitale umano, cioè le nuove generazioni
sono il primo mattone su cui costruiamo il nostro futuro. Certamente, oggi il nostro
sistema sta implodendo, per esempio sulle pensioni, perché uno squilibrio troppo forte
tra generazioni che lavorano e generazioni in età pensionata è insostenibile. Quindi,
noi stiamo lavorando – come sistema-Paese – per risolvere il tema previdenziale, ma
nel lungo periodo abbiamo bisogno di un rilancio demografico. Abbiamo bisogno che
un figlio per una giovane coppia sia una scommessa condivisa tra Stato, impegno pubblico
e scelta privata. Oggi i figli sono a totale carico, rischio e pericolo della giovane
coppia. E infatti, l’unica strategia che hanno è sposarsi più tardi, fare i figli
più tardi: questo non può funzionare per il Paese!
D. – Il segnale
che si dà, infatti, sembra essere: fare figli vuol dire impoverirsi …
R.
– Una famiglia perde il 25-30% del potere d’acquisto, ma perché non c’è un meccanismo
di riequilibrio dal punto di vista fiscale. E in molti Paesi, alla nascita del figlio
entrano dei sostegni di intervento pubblico che dicono alla coppia: hai fatto un figlio,
è una tua scelta libera, però questo figlio è un bene anche per lo Stato!
D.
– Anche perché è paradossale che poi, invece, un figlio va a sostenere le pensioni
e quindi, in realtà, è un grandissimo aiuto per la società …
R. – Il
figlio, come la famiglia in quanto tale, è un patrimonio del Paese, è un bene non
un luogo da assistere. Quindi, investire sulla famiglia, investire sulle nuove generazioni
e non fare elemosina verso le famiglie che hanno figli! Questa è una delle grandi
scommesse che noi cerchiamo di proporre costantemente al governo, alle regioni, ai
singoli comuni perché se non c’è questa nuova alleanza tra società e famiglie su questa
sfida delle nuove generazioni, il nostro Paese è condannato all’implosione. E neanche
le immigrazioni risolveranno, perché in brevissimi anni anche le famiglie di persone
che vengono da altri Paesi hanno diminuito drasticamente il numero di figli, perché
fare figli in Italia è difficile! (Montaggio a cura di Maria Brigini)