A Stresa l’undicesimo corso dei Simposi rosminiani sul tema dell'unità d'Italia
Si conclude domani a Stresa l’undicesimo corso dei Simposi rosminiani dal titolo “Antonio
Rosmini e il problema storico dell’unità d’Italia”. Il convegno intende contribuire
alla riflessione sul 150.mo dell’unità, nello spirito di uno dei grandi pensatori
del Risorgimento italiano. Il servizio di Davide Dionisi:
I “Simposi
rosminiani” nascono nel 2000 come continuazione della “Cattedra Rosmini”, fondata
da Michele Federico Sciacca nel 1967. L’obiettivo è quello di approfondire, in piena
libertà di spirito e con rispetto delle diversità, la soluzione dei problemi urgenti
che si affacciano sul terzo millennio. Quest’anno al simposio, organizzato dal Centro
internazionale di studi rosminiani, con la collaborazione del Progetto Culturale della
Conferenza Episcopale Italiana, si parla di unità d’Italia. Ci spiega perché padre
Umberto Muratore, direttore del Centro internazionale di studi rosminiani.
R.
- Ci pare che Rosmini sia stato uno dei protagonisti della costruzione di questa unità
d’Italia e ci sembrava quindi giusto che i suoi progetti e i suoi pensieri venissero
conosciuti, discussi e approfonditi. Pensiamo, infatti, che nel pensiero di Rosmini,
che è uno dei padri del cattolicesimo liberale, ci possano essere delle indicazioni
preziose per i problemi che ancora rimangono su questa unità d’Italia.
D.
- “Unità, la più stretta possibile, in una sua naturale varietà”. Questo è quanto
sosteneva Rosmini. Quanto è ancora valida questa formula, secondo lei?
R.
- Rosmini faceva notare che non tutte le varietà costituiscono ricchezza. Ci sono
varietà naturali, quindi varietà positive, e varietà invece negative: il municipalismo
accentuato, l’egoismo e tante altre cose sono varietà negative. Ora, lui diceva: “Noi
dobbiamo costruire uno Stato, innanzitutto, che sia uno, perché altrimenti, anche
sul tavolo delle altre nazioni, non avrebbe la forza sufficiente per poter poi costruire
il suo avvenire. Questa unità, però, deve riconoscere quelle diversità che contribuiscono
a rafforzare, a rendere forte e a rendere “uno” lo Stato. Uno Stato italiano che riconosca
i diritti acquisiti dei vari territori, purché siano diritti positivi, che confluiscano
per una maggiore unità, diventa il segno della bellezza di uno Stato e anche il segno
della forza dello Stato. (Montaggio a cura di Maria Brigini)