L’emergenza in Pakistan. Il presidente Zardari: “Ci vorranno tre anni per riprendersi"
Per riprendersi dal disastro causato dalle inondazioni, il Pakistan impiegherà almeno
tre anni: è la triste previsione del presidente Asif Ali Zardari in un’intervista
rilasciata al quotidiano britannico The Independent, in cui avverte anche del pericolo
che il terrorismo islamico approfitti della situazione d’emergenza. “La sfida è evitare
che accada”, ha detto Zardari. La tragedia umana, infatti, in Pakistan, sta raggiungendo
proporzioni tragiche: le piogge monsoniche hanno distrutto un terzo del territorio
del Paese e lasciato senza tetto oltre quattro milioni di persone. Organismi internazionali
e Ong sono al lavoro per salvare il maggior numero possibile di vite umane, ma denunciano
una grave carenza dei finanziamenti a livello internazionale. Nei giorni scorsi il
direttore dell’Unicef, Anthony Lake, in particolare, aveva sottolineato l’emergenza
infantile: “Se il mondo non risponde immediatamente – aveva detto – i 3,5 milioni
di bambini colpiti dalle inondazioni saranno a rischio di contrarre malattie mortali”.
E queste previsioni, purtroppo, si stanno avverando: oggi la televisione Geo News
riferisce della morte di almeno otto persone, tra cui due minori, a causa di un’epidemia
di colera scoppiata nella provincia sud-occidentale del Baluchistan. Le vittime apparterrebbero
al distretto di Jaffarabad, sommerso e completamente isolato da oltre dieci giorni,
nel quale i soccorsi non sono ancora arrivati. Negli ultimi due giorni, inoltre, infezioni
gastrointestinali hanno ucciso almeno 40 persone e il livello dei fiumi nelle aree
già gravemente colpite è in costante aumento. L’emergenza riguarda anche l’agricoltura:
secondo il ministro locale per l’Alimentazione, Nazar Muhammad Gondal, sono quasi
due milioni i campi coltivati danneggiati e si calcola la perdita di un milione e
mezzo di tonnellate di riso, che è uno dei prodotti maggiormente commercializzati
dal Paese. Grave la situazione anche per le colture di canna da zucchero, mais e cotone.
(A cura di Roberta Barbi)