2010-08-24 15:33:45

Celebrazioni in Ucraina e nelle Repubbliche Baltiche per i 19 anni dall’indipendenza dall’Unione Sovietica


Il 24 agosto del 1991 la Rada, il parlamento ucraino, dichiarò l'indipendenza da Mosca. La decisione fu confermata in un referendum popolare che si svolse il primo dicembre dello stesso anno, in cui furono oltre il 90% gli ucraini che si espressero per il distacco dal Cremlino. Il servizio è di Giuseppe D’Amato:RealAudioMP3

La via maestra è l’integrazione europea. Questo uno dei passaggi più significativi del discorso del presidente ucraino, Viktor Yanukovich, tenuto al Maidan la piazza centrale di Kiev. Le riforme, ha sottolineato il capo dello Stato, sono solo all’inizio ed hanno l’obiettivo di garantire lo sviluppo democratico ed un giusto stato sociale. Rispondendo poi alle critiche delle ultime settimane, Yanukovich ha ribadito che è favorevole a mass media liberi e forti, poiché essi sono una delle fondamenta della democrazia. Di quanto sia complicata l’indipendenza ha parlato il premier, Azarov, ricordando i passati legami economici e culturali, con il resto dell’Urss. L’ex presidente, Yushchenko, ha invece polemizzato evidenziando come anche le vecchie generazioni ucraine volevano essere padrone in casa propria, ma si dovette aspettare fino al 1991. Dopo le Repubbliche baltiche, con la loro catena umana di protesta contro l’Urss, anche la Polonia ricorda il difficile 1989 con il passaggio di potere a Solidarnosc e il crollo del muro di Berlino. Oggi, è l’anniversario della composizione del primo governo postcomunista dell’Europa, satellite di Mosca, quello del premier, Tadeusz Mazowiecki.

Oggi, l’indipendenza da Mosca viene messa in discussione da molti, soprattutto perché a diciannove anni dalla proclamazione dell'indipendenza l'Ucraina sembra un Paese più spaccato che mai. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Fabrizio Dragosei, corrispondente a Mosca per il Corriere della Sera:RealAudioMP3

R. - Quella decisione che poi era strettamente legata allo scioglimento dell’Urss - deciso dai leader delle tre maggiori repubbliche, cioè Russia, Bielorussia e Ucraina - fu la decisione di uscire dall’Unione Sovietica e credo che comunque oggi anche se Putin l’ha definita una delle più grandi catastrofi geopolitiche del secolo passato, pochi in Ucraina, in Russia e anche in altre Repubbliche ex Sovietiche vorrebbero tornare all’Unione Sovietica. Certamente, il distacco di Mosca ha pesato, ha pesato molto, soprattutto per quella parte della popolazione che vive nell’Ucraina orientale e magari parla russo e che ha anche legami economici molto forti con la Russia.

D. - Bisogna dire che il Paese ha dovuto affrontare negli ultimi due decenni numerosi problemi economici e politici con la rivoluzione arancione, che sembra a questo punto svanita nel nulla...

R. - L’Ucraina era rimasta nelle mani di ex sovietici come il presidente, Leonid Kucma, l’allora primo ministro, Viktor Yanukovic. Poi, nel 2004 ci fu questa famosa rivoluzione arancione che accese tante speranze negli ucraini. Molti pensarono che il Paese fosse veramente ad una svolta clamorosa. Ma la politica ucraina di questi anni è di nuovo sprofondata nella palude delle fazioni, della lotta senza sbocco, del farsi i dispetti a vicenda, del dividersi e contro-dividersi, per cui i grandi alleati di quei giorni di dicembre - Viktor Yushchenko e Yulia Tymoshenko - che sembravano avviati a traghettare il Paese verso una vera democrazia e verso lo sviluppo economico, iniziarono invece ben presto a litigare e poi abbiamo visto in questi anni quello che è successo.

D. - Nonostante tutto, l’Ucraina continua comunque ad essere un Paese strategicamente importante, da molti punti di vista, soprattutto economico...

R. - L’Ucraina, ricordiamolo, è un grande "cuscinetto" tra l’Unione Europea e la Russia. Attraverso l’Ucraina, passa uno dei principali gasdotti che porta metano dalla Siberia fino nel cuore dell’Europa ed è anche un Paese che ha forte interesse economico, perché ci sono ancora grandi industrie siderurgiche e ci sono ancora anche alcune industrie ex militari o ex belliche di punta, che potrebbero avere anche un ruolo sia in Russia che nell’Unione Europea.

Afghanistan
Non conosce soste la violenza in Afghanistan. Nelle ultime 48 ore, sono morti almeno sei soldati dell'Isaf in combattimento o a causa di ordigni artigianali. Nello stesso lasso di tempo, le forze della Nato e l’esercito afghano hanno ucciso almeno 40 talebani in una serie di offensive nelle regioni tribali. Vittime anche tra i civili: quattro afghani sono morti in tre distinti attacchi.

Pakistan
Il terrorismo è tornato a colpire duramente in Pakistan dopo una tregua di quasi un mese dovuta all'emergenza delle inondazioni. Tre attentati nella stessa giornata hanno provocato ieri almeno 37 morti, tra cui un religioso musulmano e una ventina di fedeli radunati in una moschea per il Ramadan. Altri venti morti sono invece stati provocati nel Nord Waziristan dai missili lanciati da un drone (aereo senza pilota) statunitense: tra le vittime, oltre a 13 talebani afghani, anche sette civili pakistani.

Somalia
Nuova fiammata di violenze in Somalia dopo l’annuncio dell’invio di altri duemila uomini dell’Unione Africana. Questa mattina, i ribelli integralisti Shebaab hanno attaccato l’hotel Huna di Mogadiscio provocando almeno 32 morti, fra i quali 6 membri del governo. Almeno 30 vittime si sono registrate anche ieri nei combattimenti che hanno imperversato fra le strade della capitale. Il servizio di Elisa Castellucci:RealAudioMP3

Miliziani dei Giovani Mujahdin hanno fatto irruzione nell’hotel Huna, nei pressi del palazzo presidenziale di Mogadiscio, sparando e lanciando granate prima di farsi esplodere. Alcuni sopravvissuti parlano di una vera e propria carneficina. Il vice primo ministro riferisce che tra le oltre 30 vittime ci sarebbero almeno 6 deputati e membri dell’esecutivo. La dinamica dei fatti e il bilancio delle vittime rimangono tuttavia ancora incerti. Uno dei tre terroristi del gruppo è stato catturato dalla polizia. L’attacco arriva il giorno dopo l’annuncio dell’Unione Africana di voler inviare 2.000 soldati nel Paese, a fronte dei 6.000 già presenti sul territorio somalo. Immediata la risposta degli integralisti islamici Shabaab, che hanno confermato la ripresa di attacchi di massa contro quelle che definiscono truppe di invasione. Dalla fine del 2009, il governo di transizione somalo (TFG), controlla solo alcune zone della capitale, che è invece per buona parte sotto il dominio dei ribelli Shabaab. Molto ridotte anche le postazioni di Mogadiscio protette dagli uomini dell’Unione Africana.

Germania
Germania sotto shock per la morte del terzo neonato in quattro giorni al policlinico di Magonza a causa di alcune flebo contaminate da batteri. Il neonato morto oggi era un parto prematuro di sei mesi e anche le altre due vittime si trovavano già in terapia intensiva. “Allo stadio attuale, non sappiamo quale sia la causa esatta della morte”, ha dichiarato il direttore dell’istituto, che poi ha annunciato che gli altri quattro bambini che si trovavano in condizioni critiche sono fuori pericolo. A ricevere le flebo con lo stesso preparato sono stati in tutto nove piccoli, ma solo cinque si sono aggravati subito dopo la somministrazione. Intanto, la procura ha avviato un'indagine contro ignoti per omicidio dovuto a negligenza.

Spagna
E' finito dopo quasi nove mesi il calvario di due volontari appartenenti ad un Ong catalana impegnata in Mauritania. I due erano stati rapiti da un gruppo appartenente ad Al Qaida nel Maghreb Islamico nel novembre scorso. Ieri, è stata annunciata la loro liberazione e oggi i due sono attesi in Spagna.

Serbia – Kosovo
In vista della discussione sul Kosovo che l'Assemblea delle Nazioni Unite ha in programma per il 9 settembre, la Serbia ha ribadito che non intende ritirare la risoluzione sulla sua ex provincia autoproclamatasi indipendente, presentata all'Assemblea generale dell'Onu. Nella risoluzione, messa a punto da Belgrado dopo che la Corte internazionale di giustizia il 22 luglio scorso ha definito legittima e non contraria al diritto internazionale la proclamazione d'indipendenza del Kosovo, si ribadisce il no alla secessione di Pristina anche se si auspica al tempo stesso un dialogo fra le parti su tutti i temi sul tappeto.

Cile
In Cile, dopo l’euforia seguita alla notizia che i 33 minatori intrappolati in una miniera del nord del Paese sono vivi, continuano senza sosta i lavori per permettere il loro recupero. I soccorritori stimano che ci vorranno almeno tre mesi. Intanto, i minatori hanno ricevuto i primi rifornimenti, fra cui medicinali, viveri e messaggi dai familiari. Si moltiplicano anche i gesti di solidarietà volti a garantire un sostegno economico ai lavoratori una volta che saranno in salvo. Un magnate ha offerto l'equivalente di circa 7.600 euro alle famiglie di ogni operaio.

Nepal
In Nepal, un aereo si è schiantato oggi a sud-est di Kathmandu. La sciagura è costata la vita a tutte le 14 persone a bordo del velivolo. Fra le vittime sei gli stranieri, un britannico, quattro americani e un giapponese. L'incidente è avvenuto a causa del maltempo e i soccorritori non sono ancora riusciti a raggiungere la zona dello schianto per le forti piogge.

Attivo il fondo per il risarcimento delle vittime della marea nera
E’entrato oggi in vigore il fondo di risarcimento per le vittime della marea nera, dotato di 20 miliardi di dollari versati dalla compagnia petrolifera BP. Il Gulf Coast Claims Facility (Gccf), questo il nome del fondo, che mira a ricompensare le persone e le società che hanno subito i danni dalla terribile inondazione sottomorina di greggio che ha devastato per mesi il Golfo del Messico. Finora, la Bp ha versato quasi 400 milioni di dollari direttamente alle vittime del disastro ambientale, ma il compito di pagare i risarcimenti viene adesso affidato al Gccf, creato nel giugno scorso su richiesta della Casa Bianca. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 236

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