Dolore e sgomento nella diocesi di Belluno per l'uccisione di don Francesco Cassol
Sarebbe dovuta ad un errore fatale la tragica morte del sacerdote veneto, Francesco
Cassol, 55 anni, nativo di Belluno, parroco da 10 anni a Longarone, ucciso da un colpo
di fucile, intorno alla mezzanotte di domenica scorsa, mentre era in ritiro con un
gruppo di fedeli nelle campagne di Altamura in Puglia. Un cacciatore si sarebbe infatti
presentato spontaneamente questa mattina alla stazione locale dei Carabinieri denunciando
di aver sparato per errore al sacerdote, che dormiva nel suo sacco a pelo, pensando
fosse un cinghiale. L’uomo sarebbe ora in stato di fermo, mentre non è stata ancora
fissata la data dei funerali di don Cassol. Il servizio di Roberta Gisotti.
Profondo
il cordoglio di tutti quanti hanno conosciuto don Francesco Cassol e lo ricordano
come un prete dedicato con passione al suo ministero, animato da grande spiritualità
e carità verso il prossimo, così come sottolinea don Giuseppe Bratti,
direttore dell’ufficio Comunicazioni sociali della diocesi di Belluno Feltre:
R.
- E’ molto difficile fare ordine in questi momenti tra tanti ricordi. Vorrei sottolineare
l’attenzione agli ultimi: don Francesco era responsabile di una comunità di ragazzi
a Landris, di persone in situazioni problematiche, lui stesso faceva le notti in questa
comunità. Un prete dedito alla pastorale in tutte le sue sfaccettature, che ha cercato
sempre il contatto con la gente, ma in comunione con tutti i suoi confratelli, con
tutto il presbiterio, con tutta la realtà della diocesi.
D. - La vostra
comunità perde dunque un sacerdote generoso.... ed amato da molti fedeli, che - sappiamo
- lo seguivano sovente nei suoi ritiri spirituali...
R. - Certamente,
ritiri spirituali che lo portavano anche lontano dall’Italia, periodicamente andava
in Togo e in altre parti dell’Africa, dove era chiamato da comunità religiose per
la predicazione dei ritiri e degli esercizi spirituali; un'attenzione, quindi, anche
verso tutte le comunità religiose, a partire da quella delle Piccole suore della Sacra
Famiglia di Longarone, fino appunto a recarsi anche in Africa.
D. -
Don Francesco era anche assistente spirituale di un gruppo Goum, movimento fondato
in Francia nel 1970: si è letto su qualche giornale che praticano ‘ritiri estremi’,
di che cosa si tratta?
R. - Gli ingredienti sono molto semplici e sono
quelli che fanno parte - oserei dire - di tutte le esperienze estive, che ogni parrocchia,
ogni realtà ecclesiale propone per i suoi membri più giovani. Sono la preghiera prolungata,
sono la contemplazione della natura, sono il cammino, sono la condivisione della fatica;
nel Goum, ci sono alcune accentuazioni che riguardano proprio la difficoltà, quindi
il cibo molto misurato, un orario della giornata segnato da lunghe ore di cammino,
ma che proprio per questo risulta affascinante ai giovani, ai giovani adulti che scelgono
di fare questa esperienza ogni anno.
D. - Restiamo in attesa di notizie
per questa morte improvvisa e assurda...
R. – Ci sono decisioni che
devono essere prese da chi sta indagando, noi vogliamo soprattutto in questo momento,
vivere - proprio come don Francesco ha insegnato nella nostra diocesi e nelle sue
parrocchie - con uno sguardo ampio di fede.