Inondazioni in Pakistan: conseguenze durature sull'agricoltura del Paese
E’ un’emergenza in continuo sviluppo quella del Pakistan, “uno tsunami che avanza
lentamente”. E’ l’odierno allarme dell’Onu, che si aspetta una seconda ondata di morte,
man mano che l’acqua defluisce verso il sud del Paese per scaricarsi poi nel Mar Arabico.
150 mila le persone evacuate nelle ultime 24 ore dalle loro abitazioni per lo straripamento
del fiume Indus le cui acque hanno sommerso decine di città e villaggi nel sud, nella
provincia del Sindh. Finora le vittime sono state 1.500, sei milioni i senza tetto,
otto milioni coloro che vivono senza acqua e cibo. Ad oggi – secondo il Palazzo di
Vetro - sono stati raccolti quasi 500 milioni di dollari, una cifra modesta rispetto
ai bisogni. Francesca Sabatinelli ha raggiunto telefonicamente a Islamabad
Marco Rotelli, direttore di Intersos, Ong in prima linea nella distribuzione
di cibo:
R. - Questa
è un’emergenza che si sta sviluppando sia geograficamente che nel tempo. Geograficamente
chiaramente l’acqua deve scendere e sta andando verso il mare, per cui le prossime
province ad essere coinvolte saranno quelle del Sindh e del Baluchistan, che stanno
riportando delle evacuazioni in queste aree per limitare i danni alle persone. Non
sarà possibile limitare i danni alle abitazioni e ai campi. E’ un’emergenza che si
svilupperà anche nel tempo, perché sicuramente il danno provocato al cuore produttivo
- agricolo del Paese, avrà conseguenze purtroppo per diversi anni.
D.
- Il governo pakistano nei giorni scorsi ha lanciato un monito sul rischio che i talebani
possano approfittare di questo disastro per rinfocolare la violenza. Già cominciano
degli episodi nei confronti del governo...
R. - La tensione e le dimostrazioni,
purtroppo in queste situazioni sono piuttosto frequenti. E’ normale che le popolazioni
disperate, di fronte a un’oggettiva difficoltà a portare l’aiuto da parte del governo,
così come della Comunità internazionale, s’innervosiscano e protestino e a volte purtroppo
queste proteste sfocino in fenomeni di violenza. Ieri noi stessi siamo stati bloccati,
ci siamo trovati coinvolti in una di queste manifestazioni, lungo una delle strade
principali del Paese. Purtroppo questo tipo di manifestazioni tendono a essere violente,
ma credo purtroppo che sia quasi fisiologico di una situazione di disperazione totale.
E’ importante che la Comunità internazionale supporti, e il governo supporti la società
ad essere meno vulnerabile e meno interessata ad alternative violente.
D.
- Come sempre ci sono polemiche sull’ammontare degli aiuti e sui destinatari degli
aiuti. Voi che siete lì, vedete un buon intervento della Comunità internazionale?
R.
- La Comunità internazionale sta cercando di fare quello che è possibile fare in circostanze
simili. Purtroppo in questo tipo di calamità è molto difficile operare, si fa quotidianamente,
ogni ora del proprio meglio per farlo, ma non è detto che si raggiungano sempre dei
risultati immediati e sperati. Chiaro è che lo strumento principale per poter portare
aiuto, sono i mezzi a disposizione, sono i finanziamenti di cui l’organizzazione e
le persone dispongono per potersi strutturare. Questi sono arrivati con lentezza,
Intersos conoscendo il Pakistan da dieci anni può testimoniare che questo è un Paese
che fatica ad attirare fondi, ed è purtroppo un Paese che invece ha una frequenza,
una periodicità di crisi che è incredibile.